Stiamo vivendo la campagna elettorale più nichilista della storia repubblicana. Nichilista: nulla di decisivo emerge, i discorsi più diffusi appaiono spesso insensati o falsi. A pochi giorni dalle elezioni non è ancora emersa una sola grande questione ‘divisiva’ (stato sociale, economia, ambiente, pace) e non sono emerse proposte forti da parte dei partiti principali sulle emergenze che viviamo e vivremo in forma più radicale.

Sul piano della forma, con un conflitto a bassa intensità si confrontano forze politiche ancora sedute nello stesso consiglio dei ministri. Nessuno può dire con certezza cosa i partiti principali faranno dei propri voti dopo il 25 settembre e quali saranno le alleanze nella prossima legislatura.

Come si è arrivati a questa situazione? Dal punto di vista contingente, è il frutto delle ultime due legislature, che hanno visto cambiamenti continui di governi, maggioranze, alleanze e identità politiche.
Il Movimento 5 Stelle, nato contro tutti i partiti, ha governato quasi con tutti i partiti. Il Partito democratico ha governato con tutte le destre che negli anni ha eletto come avversari contro cui bisognava lottare per salvare la democrazia. La sua alleanza con Sinistra italiana si è ‘sospesa’ durante il governo Draghi, è stata ricostruita per le elezioni ma il Pd specifica che non si tratta di un’alleanza per governare.

Negli ultimi dieci anni solo la destra, pur dividendosi tatticamente sulla partecipazione ai governi, ha avuto una configurazione politicamente e programmaticamente leggibile, nonostante ora sia portata dalla competizione interna a parlare lingue diverse e mutevoli.
Le cause del nichilismo attuale sono anche più profonde: il sistema politico italiano è in crisi permanente dal 1992.

Da quella data partiti, programmi e culture politiche sembrano puzzle continuamente smontabili e ricomponibili. Il risultato è una tela composta da macchie di colore sovrapposte in cui è quasi impossibile riconoscere figure reali. La politica è percepita da molti come un mondo di simulacri.
Questa situazione comporta conseguenze molto negative per i cittadini ma positive per le élite politiche ed economiche, che nel disequilibrio del sistema politico hanno trovato un assetto che consente di adottare, costantemente e quasi esclusivamente, politiche e scelte coerenti solo con gli interessi di ristrette minoranze privilegiate.

Strutturalmente, la progressiva decomposizione di un sistema politico può derivare da tre fattori. In Italia si sono verificati tutti e tre. Il primo è la rottura del rapporto tra partiti politici e gruppi sociali: in Italia l’unico rapporto reale esistente tra politica e società è quello tra élite politiche ed élite economiche, al di là di questo non sono attivi e leggibili legami tra partiti e specifici interessi sociali. In pratica: ceti medi e ceti popolari vengono esclusi dalla rappresentanza.

Il secondo fattore, conseguenza del primo, è la neutralizzazione della politica. Dal 1992 la politica è ‘rapita’, esplicitamente come nei governi tecnici e di unità nazionale, di fatto nella mancanza di differenze dirimenti e decisive tra centrodestra e centrosinistra sulle scelte di politica economica e di politica estera (“la moneta e la spada”, i fondamenti del potere). Il terzo fattore, conseguenza dei primi due, è la quasi totale illeggibilità delle identità e delle culture politiche, che si manifesta anche come possibilità di costruire continuamente maggioranze e alleanze variabili. Il risultato è una crisi quasi assoluta del parlamentarismo e l’impossibilità per i cittadini di sentirsi parte delle vicende politiche.

Questi tre problemi riguardano evidentemente più il centrosinistra che il centrodestra, che ha maggiori legami (corporativi) con specifici gruppi sociali, quando è al governo fa politiche più chiaramente leggibili come ‘di destra’ e ha un’identità politica che più definita (sicurezza e no alle tasse).
Si può uscire da questa situazione agendo sui tre fattori di crisi: ricostruendo un rapporto tra forze politiche e specifici gruppi e interessi sociali; rendendo di nuovo il governo e le istituzioni luoghi in cui siano possibili politiche di parte a favore della maggioranza dei cittadini (portano anche consenso); ridefinendo di conseguenze identità politiche innovative ma chiare e definite.

Difficilmente questi tre problemi possono essere affrontati dai principali schieramenti politici. Se gli attori, protagonisti e non, resteranno gli stessi, non ci sono motivi per pensare che lo spettacolo possa migliorare: lo dice la storia di questi attori.