Il silenzio che avvolge Sole film d’esordio di Carlo Sironi, i toni monocromi scelti da mare fuori stagione, corrispondono alla personalità dei due protagonisti (interpretati da Sandra Drzymalska e Claudio Segaluscio) incapaci di esprimere emozioni, come congelate a un punto preciso della loro vita, rappresentanti di una generazione lasciata a se stessa. Nel passato di lui e di lei si indovinano o si accenna a fatti drammatici che hanno spezzato qualcosa di vitale, la capacità di sentire. In fondo con la stessa freddezza si stanno raccontando i termini di un affare: lei è Lena, una ragazza polacca incinta che venderà il bambino a una coppia sterile e poi ripartirà subito, come in vacanza a trovare un’amica in Germania.

LUI, ERMANNO, è il nipote prestanome della coppia incaricato (e pagato) per tenerla sotto controllo possibilmente senza farla andare in giro, in un appartamento sul litorale fino al momento del parto e poi fingere di essere il padre del bambino. Un avvocato compiacente si occuperà dei dettagli burocratici dell’adozione.

L’INCONTRO di due solitudini è narrato con efficacia attraverso le difficili sfumature dell’anafettività sottolineate dall’assenza di rumori di fondo nel chiuso della casa da cui pure si potrebbero sentire le onde, né si percepisce la musica, ascoltata dalla ragazza con le cuffiette. Il silenzio e le poche parole sottolineano il rapporto economico che li lega ed anche lo spettatore è fatto prigioniero di quell’atmosfera senza speranza. È enfatizzato invece soltanto il tintinnio delle slot machine a raccontare la dipendenza dal gioco del ragazzo, nei momenti in cui non è impegnato con piccoli furti. Finché come un colpo di fulmine arriva il sonoro, simile a cavalli al galoppo, il battito del cuore ascoltato durante l’ecografia per poi espandersi nel pianto a pieni polmoni del neonato: è come il richiamo impellente della vita, ma non sarà così facile spezzare il muro di indifferenza, lei per un figlio che non vuole, lui interessato solo a spendere i soldi alle macchinette. E se il film non fosse coprodotto dalla Film Polski si potrebbe anche pensare a un eccesso di stereotipo nel delineare la figura di Lena, polacca fredda, calcolatrice senza cuore, come esprime bene in un proverbio del suo paese: «meglio morire per una zampata di leone che non per il morso di un gatto»

NELLA LENTA e progressiva trasformazione verso una ritrovata anche se dolorosa volontà di vivere, Sironi dimostra la sua abilità di narratore riuscendo a sfrondare dal racconto tutti quegli elementi che facilmente avrebbero potuto accumularsi, visti i soggetti, ma solo suggerendoli a piccole dosi. Abbastanza inedito e frutto dei tempi che cambiano, il risveglio di un «senso paterno» che si risveglia nel ragazzo, lui che del padre ha un ricordo invece drammatico. Carlo Sironi (classe 1983) ha una esperienza di lunga data, aiuto operatore a diciotto anni e poi assistente alla regia, ha presentato in concorso il primo corto Sofia al festival di Torino, è già stato a Venezia in concorso con il suo cortometraggio Cargo candidato ai David e vincitore di vari concorsi internazionali. Ha messo in scena il tema di una gravidanza non voluta anche nel suo precedente lavoro, il suo terzo corto Valparaiso (2016) storia di Rocio, una donna detenuta nel centro di identificazione di Roma e poi rilasciata perché incinta, un lavoro premiato al festival di Locarno.