Non erano passati neppure tre giorni dalla elezione di Volodomyr Zelensky alla presidenza ucraina che ieri sono esplose le prime violente polemiche con il suo omologo russo Vladimir Putin. Oggetto del contendere la decisione del presidente russo di firmare il decreto che garantisce il passaporto russo ai cittadini delle repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk. Il decreto prevede che i cittadini delle due “repubbliche ribelli” potranno ottenere immediatamente il passaporto russo senza perdere la possibilità di avere la cittadinanza ucraina. La decisione di Putin di far uscire i cittadini del Donbass dallo stato di “non persone”, ha degli aspetti straordinari: tutti i cittadini dell’ex Urss finora potevano ottenere il passaporto russo ma in questo caso non dovranno attendere cinque anni e avranno il diritto ad avere la doppia cittadinanza, una condizione speciale finora garantita solo in casi particolari. Putin nel procedere alla firma si è trincerato dietro il carattere umanitario della misura: «Non desideriamo creare problemi al nuovo governo ucraino, ma tollerare una situazione in cui le persone che vivono nel territorio delle repubbliche popolari siano completamente prive di diritti civili, oltrepassa i confini in termini di diritti umani. Non solo non possono muoversi normalmente ma non possono espletare i loro bisogni primari. Questa è una scelta puramente umanitaria». Tuttavia è evidente il suo significato politico: la consegna del passaporto determina diritti e doveri per quei 2,7 milioni di ucraini che vivono nelle repubbliche autoproclamate e rappresentano il primo passo verso una annessione seppur a «passo di tartaruga».

Si tratta della prima risposta russa alla «guerra dell’informazione» che il neoeletto presidente ucraino vorrebbe condurre nei confronti delle popolazioni del Donbass. «Il fatto è che Putin sta dimostrando non a Zelensky, ma a Kiev in quanto tale, e a coloro che in Occidente stanno ancora sperando nella “atlantizzazione dell’Ucraina”, che non c’è nulla da fare. La Russia non scomparirà, i russi in Ucraina non spariranno e ora dei cittadini russi vivranno sul territorio ucraino, per così dire. Se volete parlare con loro, negoziate, cambiate la struttura e l’orientamento del vostro stato è il messaggio di Putin», sostiene il filo-putiniano Vzgljad nel suo editoriale preparato per l’edizione odierna.

La reazione da parte ucraina è stata violentissima. «Sfortunatamente, questo decreto non ci avvicina alla soluzione dell’obiettivo principale: il cessate il fuoco. Nonostante ciò, l’Ucraina farà tutto quanto è in suo potere per proteggere, fornire un’adeguata assistenza e garantire i diritti dei suoi cittadini, che sono costretti a rimanere nei territori occupati», ha detto sul proprio canale telegram Zelensky.

Secondo Zelensky in questo modo però la Russia riconosce di essere un occupante: «Queste azioni sono un’altra chiara conferma per la comunità mondiale del vero ruolo della Russia: uno Stato aggressore che conduce una guerra contro l’Ucraina». Zelensky ha anche espresso la speranza che ora l’Europa imponga nuove sanzioni contro la Federazione Russa. Puntuale è arrivata anche la condanna della Russia da parte della Commissione europea che parla di «inaccettabile provocazione» e di tentativo «di far deragliare definitivamente le trattative di pace».

Intanto ieri la Rada ha approvato la legge che impone l’ucraino come unica lingua di Stato. Una prima sconfitta per Zelensky che aveva proposto degli emendamenti per rallentare l’«ucrainizzazione» e dare tempo ai russofoni di adattarsi alla nuova realtà.