Il primo gennaio 2019 ha segnato il nono giorno dello shutdown parziale, lo stallo delle attività governative che ha colpito 800.000 lavoratori federali e ha portato alla chiusura di nove dipartimenti a livello di gabinetto. Durante questi nove giorni Trump ha ribadito che non si rimangerà la promessa della costruzione di un muro di confine con il Messico.

Quello che il presidente non ha fatto, invece, è stato cercare un compromesso con l’opposizione democratica che – dal canto suo – non ha alcuna intenzione, né ha alcun interesse, a cedere e stanziare un finanziamento plurimiliardario per costruire quello che è il simbolo della visione xenofoba e razzista della politica di Trump.

THE DONALD HA PREFERITO usare Twitter per attaccare duramente i democratici, sottolineando di avere cancellato la vacanza nel suo club privato in Florida, mentre tutti gli altri politici avevano lasciato Washington per passare le feste con le famiglie, e lamentando la negatività dei media – a suo parere schierati tutti contro di lui, visto che continuano a riproporre le sue affermazioni fatte solo pochi giorni fa davanti ai giornalisti presenti nello Studio Ovale, quando aveva dichiarato che non avrebbe addossato ai democratici la responsabilità dello shutdown.

L’opposizione democratica intanto si sta preparando ad approvare un progetto di legge per finanziare le parti del bilancio del governo che non fanno parte del Dipartimento per la sicurezza interna e che quindi non dipendono dalla costruzione del muro; si prevede che già giovedì la Camera voterà un pacchetto comprendente sei progetti di legge.

LE MOSSE DEMOCRATICHE prevedibilmente non troveranno ostacoli dopo che il nuovo Congresso si riunirà e i democratici avranno il controllo della Camera riconquistato con le elezioni di midterm che si sono svolte a inizio novembre; ciò che si configura è un braccio di ferro tra la nuova Camera e la Casa bianca che – pare – verrà alimentato dalla presenza del nuovo direttore dell’Ufficio per la gestione e il bilancio, Mick Mulvaney che non è contrario allo shutdown, presentato anzi come l’opzione preferibile, visto che i democratici già si prepareranno per i le primarie presidenziali del 2020 e si profila un clima pre elettorale.

A 673 DALL’ELECTION DAY la senatrice liberal del Massachusetts, Elizabeth Warren, tramite un video diffuso il 31 dicembre, ha annunciato di avere istituito un comitato esplorativo per prendere in considerazione una sua candidatura presidenziale per il 2020.

La competizione per la nomination democratica si preannuncia come la più aperta dal 1992: il partito si sta allontanando da 25 anni di prevalenza Clinton/Obama, e lo sta facendo senza un unico leader favorito e senza un’ideologia unificatrice, diviso tra i moderati di Washington e la nuova onda di sinistra alzata da Bernie Sanders.

Dopo un midterm in cui hanno vinto molte donne, socialisti, liberal, minoranze e giovani, le elezioni presidenziali rischiano di essere combattute non solo su quale potrebbe essere la combinazione politica vincente come candidato e vice, ma soprattutto su quale mix identitario puntare in queste elezioni.
Se già si parla di un ticket Elizabeth Warre/Beto O’Rourke, quello della senatrice non è il primo comitato esplorativo a essere stato formato; anche Julián Castro, l’ex segretario per gli alloggi federali e sindaco di San Antonio, a dicembre ha messo insieme delle commissioni esplorative e come lui lo ha fatto anche John Delaney, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Maryland.