Fa buon viso a cattivo gioco Angela Merkel, la cancelliera che prima ha pavimentato la strada turca verso l’incasso di sei miliardi di euro europei per bloccare i rifugiati siriani e poi ha attraversato una delle peggiori crisi diplomatiche tra Berlino e Ankara, dal no ai comizi dell’Akp in Germania nei mesi del referendum costituzionale fino alla detenzione del reporter turco-tedesco Deniz Yucel.

Con il milione e mezzo di turchi residenti in Germania che ha votato per Erdogan con percentuali più alte di quelle domestiche (65,7%), a poche ore dalla vittoria del Rèis il portavoce di Merkel, Steffen Seibert, ha parlato dell’intenzione di continuare a lavorare «in modo costruttivo e vantaggioso» con Ankara.

A vantaggio di chi si sa: della Ue interessata a mantenere chiusa la rotta balcanica; di Berlino che alla Turchia vende armi poi usate in Rojava, secondo le denunce delle unità curdo-siriane Ypg; e del presidente vittorioso che si garantisce la seconda tranche da tre miliardi di euro.

L’Europa opta per gli stessi toni: prende atto e spera. A parlare per prima ieri è stata la Commissione Ue che si augura che «la Turchia rimanga impegnata con l’Unione europea sui principali temi comuni come migrazioni, sicurezza e stabilità regionale». Quella che Ankara devasta con operazioni unilaterali nei paesi vicini, dalla Siria all’Iraq.

Molto più critica Federica Mogherini, alto rappresentante Ue agli esteri, che prima dice di voler attendere i risultati definitivi (secondo la Commissione elettorale turca disponibili il 5 luglio) prima di rilasciare dichiarazioni di merito e poi definisce «iniqua» la campagna elettorale e condanna la riduzione delle «libertà di associazione e di espressione per i media».

Sull’altro fronte, quello del doppiogiochismo regionale turco, è un susseguirsi di felicitazioni. Russia e Nato, protagonisti di un tiro alla giacchetta molto apprezzato e ben sfruttato da Erdogan, ieri hanno inviato le rispettive congratulazioni: via lettera il presidente russo Putin ha sottolineato «la grande autorità politica» di Erdogan e ribadito la volontà di mantenere vivo il dialogo con uno degli sponsor del negoziato siriano di Astana (a tal proposito congratulazioni sono giunte anche dall’Iran, dai tempi degli imperi ottomano e persiano tra i principali competitori dell’attuale Turchia); mentre il segretario generale della Nato Stoltenberg ha espresso il suo plauso e ricordato a Erdogan quello che chiama «il nucleo di valori» che caratterizzano il Patto atlantico, «democrazia, Stato di diritto, libertà individuale» in primis (alcuni popoli avrebbero da dissentire).

Parole non da poco, soprattutto alla luce delle prime dichiarazioni post-vittoria del presidente turco: «Libereremo la Siria», ha detto lunedì notte dal terrazzo del quartier generale dell’Akp ad Ankara, aprendo a un’escalation dell’operazione militare contro i curdi in Siria e Iraq che è già realtà quotidiana.