Ricordando nel 1981, da New York dove si trovava,  Nadežda Mandel’štam, appena scomparsa a Mosca, Iosif Brodskij osservava come per quella donna all’apparenza fragile, costretta per decenni a una vita raminga, «lo status di persona non realizzata» fosse diventato alla fine «una seconda natura». Questo mancato compimento delle proprie potenzialità individuali era da ascriversi – secondo lui – a un dato innegabile: degli ottantuno anni della sua lunga esistenza Nadežda Jakov’levna Chazin ne aveva trascorsi diciannove come moglie «del più grande poeta russo di questo secolo, Osip Emil’evič Mandel’stam» e ben quarantadue come sua vedova – «il resto», concludeva Brodskij,...