«Il Presidente Putin valuta molto positivamente l’incontro tra i due leader coreani e gli accordi che sono stati annunciati» ha dichiarato ieri Dmitry Peskov, portavoce ufficiale del presidente russo, subito dopo la conclusione del vertice tra Moon Jae-in e Kim.

«IL NOSTRO PRESIDENTE ha più volte sottolineato che una soluzione praticabile e duratura di pace nella penisola coreana si può basare solo su un dialogo diretto fra le parti« dove la sottolineatura di Putin ripresa da Peskov era evidentemente su quel «dialogo diretto». Non che Putin si illuda di poter tenere fuori dalla porta gli Stati uniti «ma piuttosto a tenere aperti quei piccoli spazi di manovra che lo stesso Moon si sarebbe voluto concedere» sosteneva ieri l’Izvestya. «Paradossalmente, la retorica bellicosa di Trump durante tutto lo scorso anno – sostiene Gleb Ivashenzov ex ambasciatore russo a Pyongyang – ha impaurito molto Seul, che ha visto in un possibile attacco americano alla Corea comunista la messo a repentaglio dell’esistenza stessa della Corea del sud».

PESKOV HA SPESO PAROLE di incoraggiamento anche sull’ipotesi di incontro tra Kim e Trump: «per noi sono benvenuti tutti gli incontri che possono portare a un allentamento della tensione nella regione» ha concluso il portavoce.

L’impressione di molti osservatori è che Putin, al di là di una comprensibile soddisfazione per i risultati della sua tessitura diplomatica dello scorso autunno durante il momento più delicato della crisi, osservi la situazione con molto realismo. «La discussione sulle questioni nucleari non rientra nelle competenze della Corea del sud. Il governo sudcoreano non può decidere su questa questione in autonomia» afferma Andrey Lankov che da anni insegna all’università di Seul. «Ed è impossibile concordare qualunque cosa anche sulla cooperazione economica, perché tale cooperazione violerebbe le sanzioni dell’Onu» aggiunge Lankov.

UN ASPETTO, quello economico, a cui a Mosca però, si tiene molto. Non a caso Sergey Lavrov ha ricordato che «la Russia è pronta a facilitare la cooperazione tra le due Coree nei settori del trasporto ferroviario e dell’approvvigionamento del gas e del petrolio». Sono temi che del resto Lavrov e il suo omologo nordcoreano Ri Yong Ho hanno affrontato durante il loro meeting moscovita del 10 aprile scorso. Mentre si realizzava lo storico incontro in Corea il Cremlino proiettava il suo sguardo anche in Cina, dove si tiene un incontro tra il premier indiano Modi e il presidente cinese Xi. I due paesi in teoria sono già alleati di Mosca all’interno dei Brics.

MA L’ALLEANZA A 5, di cui fanno parte anche Sudafrica e Brasile, ha dato segni di scarsa coesione e iniziativa, perché proprio Cina e India continuano volersi tenere le mani libere, guardandosi bene dal voler dare all’alleanza l’immagine di una sorta di «cartello anti-Usa», come vagheggiato a suo tempo da Putin. I rapporti politici con la Cina hanno fatto dei passi in avanti, come è stato dimostrato dal sostegno cinese alla risoluzione russa all’Onu sulla vicenda delle armi chimiche in Siria. Le relazioni russe con l’India restano invece instabili. In primo luogo per quanto riguarda il rapporto con il Pakistan, nemico giurato dell’India. Il dialogo Russia-Pakistan sulla questione della sicurezza e del terrorismo, ha condotto l’India ad annunciare di voler ridurre gli acquisti di armi russe e accrescere le commesse di quelle americane e israeliane. Una decisione che non è certo piaciuta al Cremlino.