L’otto marzo transfemminista di Non Una Di Meno ha attraversato la giornata di Milano da mattina a sera. Colazione all’alba all’Università Statale in via Festa del Perdono, dove un centinaio di studenti e studentesse del neonato collettivo Rebelot avevano passato la notte in due aule. Aule occupate appositamente per preparare la partecipazioni ai cortei milanesi: la mattina quello studentesco, la sera quello cittadino.

Negli stessi minuti, ma dalla parte opposta della città, altra colazione di preparazione alle manifestazioni a SMS – Spazio di Mutuo Soccorso. In cinquemila tra studenti e studentesse hanno sfilato la mattina nel centro di Milano, da largo Cairoli a piazza Oberdan, dietro allo striscione «Student3 disobbedienti contro guerra e patriarcato».

Tanti i cartelli contro i femminicidi, ampia la solidarietà alla popolazione di Gaza, gli studenti hanno colpito con vernice e cartelli quelli che hanno definito «simboli del genocidio palestinese»: i negozi di Armani, Starbucks e Zara che hanno rapporti economici con Israele.
La sera, come ogni anno, è stata molto alta la partecipazione al corteo cittadino promosso da Non Una Di Meno, 20 mila persone per le organizzatrici. A chiarire il senso politico che ha attraversato la piazza di quest’anno lo striscione d’apertura: «Stop patriarcato, stop genocidio».

Tante le bandiere palestinesi mischiate ai drappi fuxia del movimento transfemminista che ha cambiato la giornata dell’8 marzo italiano ormai da qualche anno. Una giornata di ascolto, consapevolezza, ma soprattutto di lotta, per chi ha partecipato alla manifestazione.
«Nulla da festeggiare» era scritto su uno striscione sorretto da giovani studentesse. «Vogliamo la parità salariale, vogliamo sradicare le dinamiche patriarcali». Diritto alla salute, diritto all’aborto. Su un cartello il ricordo di Giulia Cecchettin: «Per Giulia e tutte le altre».

Questo è il primo 8 marzo dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin e la grande manifestazione del 25 novembre scorso. Diversi cartelli riportavano alcune delle frasi pronunciate dalla sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ricordata per aver politicizzato il femminicidio della sorella e non essersi chiusa solo nel dolore privato.
Non Una Di Meno in questi anni è stata capace anche di abbattere le barriere generazionali che spesso attraversano le mobilitazioni. Lo si è visto anche ieri dove in corteo a muoversi da piazza Duca D’Aosta – per una sera trasformata nella sua toponomastica in piazza Lotto Marzo – a piazza Fontana c’erano persone di ogni età. I più giovani chiedevano una scuola più inclusiva, i più grandi la parità sul lavoro.

E poi la sicurezza, poter uscire la sera senza paura di essere aggredite. Anche in questa Milano.