Dopo lo sgombero salviniano, quelli di Aldo Dice 26×1 hanno occupato nella notte uno degli edifici simbolo della speculazione milanese anni ’80: la torre di Salvatore Ligresti in via Stephenson, nell’estrema periferia Ovest della città. Uno degli scheletri lasciati a terra dalla “Milano da bere” di cui l’immobiliarista di Paternò deceduto pochi mesi fa è stato tra i protagonisti. Un grattacielo destinato a ospitare uffici, abbandonato da oltre vent’anni, che ricorda ogni mattina a chi entra a Milano dalla tangenziale Ovest quanto la sacralità della proprietà privata piegata alla speculazione non coincida con l’utilità pubblica. Alcune delle oltre 60 famiglie ospitate da Aldo Dice 26×1 stanno valutando se accettare le sistemazioni alternative proposte dal comune di Milano, nel frattempo la nuova casa – salvo sgomberi – sarà in questo palazzone oggi di proprietà di Unipol-Sai. «È la nostra voglia di vivere bene ciò che è abbandonato e inutilizzato» scrive il collettivo su Facebook.

LA CIRCOLARE sugli sgomberi del ministro dell’Interno ha messo in allarme molte delle occupazioni cittadine, anche se il ritmo degli sgomberi a Milano non ha mai rallentato in questi anni di governo di centrosinistra. Lo hanno rivendicato in questi giorni anche assessori e sindaco: «A Milano facciamo già tanti sgomberi». Con i servizi sociali, le proposte alternative per gli sfrattati, l’accoglienza nell’emergenza sociale, ma «nessuno di noi vuole difendere l’illegalità» ha detto Sala.

Milano ha quasi 10 mila alloggi popolari vuoti: 5.800 di proprietà dell’azienda regionale Aler e quasi 4 mila comunali gestiti da MM. Le occupazioni sono 4.600.

Una sproporzione che spiega bene l’origine dell’emergenza casa e le responsabilità delle istituzioni incapaci di gestire il patrimonio pubblico. Case vuote, con porte e finestre lastrate e spesso riscaldate nonostante non ci abiti nessuno. Degli alloggi sgomberati molti non ritornano nelle graduatorie pubbliche ma finiscono nell’housing sociale o, nel caso dell’Aler, in vendita. E chi è in lista d’attesa ci resterà ancora per un bel po’.

DELLE 4.600 CASE popolari occupate a Milano, 1.136 sono del Comune e gestite da MM, 3.500 della Regione e gestite dall’Aler. È soprattutto in queste ultime che si è sedimentata l’emergenza abitativa milanese. La destra che governa la Lombardia dagli anni ’90 ha sistematicamente disinvestito nell’edilizia pubblica, l’Aler è stata ciclicamente travolta da inchieste, la giunta Formigoni cadde proprio per l’arresto dell’assessore alla casa Zambetti accusato di voto di scambio con la ’ndrangheta.

Negli anni recenti il boom delle occupazioni abitative è stato nel 2014, effetto lungo della crisi. A ottobre e novembre ci furono diversi sgomberi, chiamati anche da una campagna stampa insistente fatta dalle televisioni Mediaset e dal Corriere della Sera. «L’immobiliare nera» titolava il Corriere riferendosi alle occupazione degli anarchici. A dicembre la giunta Pisapia tolse all’Aler la gestione delle case comunali affidandole a MM, una società a partecipazione comunale. 28 mila alloggi, poco meno di 4 mila ancora da assegnare. Il Comune vorrebbe assegnare 982 alloggi nel 2018, per arrivare nel 2022 con zero case vuote. Il contatore però, attivo anche in una apposita pagina del sito internet del Comune, è fermo per il momento a 336 alloggi recuperati tra aprile e agosto 2018.

PER LA LEGA Milano è l’ultimo fortino da espugnare e punta al malcontento delle periferie per aumentare i consensi. Il disagio di chi vive nelle case popolari Aler viene usato strumentalmente dalla Lega e dalla destra che governa la regione Lombardia. Il caso più emblematico è quello di via Bolla, nella zona 8 di Milano. Tre palazzoni dell’Aler sono diventati la trincea della Lega e del gruppo neofascista Lealtà e Azione che in quella zona ha eletto un suo militante, Stefano Pavesi, nella lista della Lega. Da oltre un anno Lega e Lealtà e Azione provano a cavalcare il malcontento di chi vive in quei tre palazzoni abbandonati dall’Aler, cioè dalla giunta lombarda governata dalla Lega. Dovrebbe essere la giunta leghista della regione a sistemare quei tre palazzoni, ma per il momento alimenta le proteste in zona.

Quanto possa influire la circolare Salvini sulle occupazione politiche, sui centri sociali, è difficile dirlo. Probabilmente poco o nulla, se non altro perché i centri sociali vengono sgomberati regolarmente. Gli ultimi nei mesi scorsi il Lambretta e RiMake, che ha poi occupato un nuovo spazio nella zona nord-ovest della città.

A Milano si voterà nel 2021 e sulle periferie e le occupazioni si giocherà una fetta importante della campagna elettorale. La Lega nel 1993 vinse con Formentini cavalcando anche lo scontro con il centro sociale Leoncavallo. Altri tempi forse, ma certe cose non passano mai di moda.