«Vogliamo la messa al bando dell’uso e della produzione degli Pfas (sostanze poli e perfluoroalchiliche, ndr)». Questa la richiesta unanime di Greenpeace e dei vari movimenti territoriali presenti ieri al Convegno alla Camera. Durante l’incontro Greenpeace ha presentato una inedita inchiesta La contaminazione da Pfas in Italia, basata su dati Ispra raccolti tra il 2019 e il 2022, che dimostra una verità inquietante. La contaminazione da Pfas è presente in tutte le regioni in cui sono state effettuate le indagini nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee), nonostante «nella maggior parte del nostro Paese i controlli siano ancora pochi, frammentari o addirittura assenti, tanto che la reale portata della contaminazione è ancora sconosciuta».

Queste sostanze chimiche persistenti, che si bioaccumulano e nocive alla salute, sono state rinvenute in quasi 18 mila campioni, pari al 17% delle analisi effettuate dagli enti preposti tra il 2019 e il 2022. «Si tratta di un quadro grave e per di più incompleto – afferma Giuseppe Ungherese di Greenpeace – a causa della mancanza di uniformità nei controlli a livello nazionale e dell’inefficacia dei monitoraggi in numerose Regioni».

Al Veneto e al Piemonte regioni note per la presenza degli Pfas, si aggiungono la Basilicata (31% dei campioni positivi), e la Liguria (30%). Altre sei Regioni (Lombardia, Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Campania) presentano un tasso di positività superiore al 10% nel periodo preso in considerazione. I dati raccolti evidenziano criticità anche in Emilia Romagna (Savignano). Incredibile anche la contaminazione dei comuni della Val Susa, lontani da impianti chimici, cartiere o concerie, ma sede dei devastanti cantieri Tav.

Durante l’incontro si susseguono drammatiche testimonianze dai territori contaminati. Dal vicentino parla Maria Secco da poco ventenne, figlia di Michela, una delle storiche Mamme No pfas. Ricorda di avere alti livelli di Pfoa e Pfas nel sangue: «Se mi ammalerò, se i miei figli si ammaleranno, sarà anche colpa vostra, delle istituzioni, che non mi avete protetto». Poi l’appello «non siate egoisti, pensate a chi verrà dopo».

Mentre continua il maxiprocesso a Vicenza a Miteni, la bonifica (che deve essere pagata da Eni e Mitsubishi, ex Miteni) è però ancora al palo e anche la messa in sicurezza per evitare la continua dispersione di Pfas, prosegue a rilento.

A Spinetta Marengo ancora è attivo (con Aia scaduta) lo stabilimento Solvay che produce gli Pfas di nuova generazione, che però non danno garanzie di salubrità. Situazioni di inquinamento gravissimo di acqua e aria e un quadro epidemiologico drammatico sono evidenziati da Mariella Benazzo e Viola Cereda, in rappresentanza di Anemos e Stop Solvay.

Contestati anche i limiti di Pfas alle acque potabili «sono sostanze che si bioaccumulano nel corpo umano quindi il limite deve essere zero» protesta Ivana del Comitato Acqua e salute di Brescia. Sabato a Marghera, ci sarà una grande manifestazione contro il nuovo inceneritore Eni di fanghi dai depuratori veneti, densi di Pfas.