Angela Merkel reloaded: tratta il nuovo programma di governo e aggiorna il suo sistema. Niente «tetto massimo» sull’arrivo dei profughi, ma «obiettivo annuale» per limitare i richiedenti-asilo. Cambiano i termini, ma non il risultato: la Germania non accoglierà comunque più di 200 mila rifugiati all’anno.

È il «classico compromesso», sulla pelle dei rifugiati, firmato nero su bianco da Mutti pronta a smentirsi pur di incassare il 20 ottobre l’appoggio Csu al tavolo della Jamaika-Koalition. È anche la fine della «svolta umanitaria», sacrificata in nome della recente batosta elettorale e soprattutto della geometria del suo quarto governo. Una mossa di pura tattica nel pieno della nuova strategia politica, che per Merkel è davvero sempre la stessa: risolvere l’emergenza contingente per restare al potere.

A Berlino, nella conferenza stampa congiunta con il leader bavarese Horst Seehofer, afferma: «Abbiamo raggiunto una soluzione comune molto buona come base per il negoziato con Verdi e Fdp. Servirà alla coesione dell’Unione a rafforzare la nostra posizione tra i partner della futura coalizione. Un compromesso classico, per garantire un esecutivo stabile».

Poi tre secondi sufficienti a liquidare il «nein» storico sul muro anti-migranti: «All’epoca non era l’ora adatta. Adesso è il tempo giusto».
Gongolano i liberali – secondi destinatari del giro di vite accettato da Merkel – con la vice-presidente Marie Agnes Strack-Zimmermann: «È stata gettata finalmente la base per il nuovo governo». Tuttavia, tolto il sasso dallo scarpone bavarese e convinta Fdp, a Merkel resta da spostare il macigno dei Verdi, contrari a qualunque limite numerico. «L’accordo sui migranti dei cristiano-democratici non ha nulla a che fare con la politica di asilo basata sui diritti umani. Il loro patto non sarà mai l’accordo della coalizione nero-giallo-verde», garantisce la leader parlamentare dei Verdi Katrin Göring-Eckardt. In parallelo il co-segretario Cem Ozdemir rende pubblico il sarcasmo: «Sono curioso di vedere come ce lo spiegheranno nel prossimo incontro».

Da sinistra spara a zero Katja Kipping, leader della Linke: «Il nuovo “diritto alla protezione” non è altro che il vecchio limite ai profughi: un chiaro attacco alla legge sull’asilo. Se i Verdi hanno intenzione di negoziare questo compromesso, tengano conto che la protezione dei rifugiati non si scambia con lo sviluppo dell’auto elettrica».

In trincea anche la Spd, passata all’opposizione, che ben conosce il metodo-Merkel. «La chiusura dei confini serve solo ad aprire la porta dei negoziati di coalizione», precisa il segretario generale Hubertus Heil. Con motivi diametralmente opposti, smonta il patto democristiano anche l’ultra-destra, appena sbarcata al Bundestag. Alexander Gauland, co-leader di Alternative für Deutschland, rubrica la mossa dell’Union (il suo ex partito) come «acqua sugli occhi dei tedeschi». Del resto, domenica vota la Bassa Sassonia e la Cdu punta proprio a mietere consensi tra gli xenofobi.

Ma in bozza l’«Asylpaket» riserva un’altra sorpresa democristiana: fra le righe, spunta l’ipotesi di nuovi centri per migranti che potrebbero rivelarsi meno accoglienti e più coercitivi. Per di più si profila la mannaia sul ricongiungimento familiare dei migranti. In ogni caso, la strada del quarto governo Merkel resta lunga perché il testo definitivo del programma dovrà essere sottoposto al vaglio degli iscritti ai partiti di coalizione. E forse i 709 eletti nel Bundestag-monstre (prima erano 630) potrebbero aspettare più del previsto prima di votare la fiducia.
Tutto mentre Amnesty International in Germania pubblica «Forced back to danger», il nuovo inquietante rapporto che denuncia la deportazione di 118 rifugiati dall’Afghanistan «rimpatriati» grazie alla «Dichiarazione di cooperazione congiunta» tra Berlino e Kabul datata ottobre 2016.

«Nonostante sempre più afgani chiedano protezione nella Repubblica federale, sempre più vengono costretti a lasciare il Paese. Ogni rimpatrio in Afghanistan costituisce una violazione del diritto internazionale: chi torna è costretto ad affrontare rapimenti, torture e morte. A differenza di ciò che sostiene l’Ufficio federale dell’immigrazione non c’è nessuna regione che può essere dichiarata sicura», spiega Franziska Vilmar, esperta di asilo per Amnesty International Deutschland. Prima di lanciare l’appello al futuro governo: «Dichiari subito che non ci saranno più deportazioni». Messaggio diretto principalmente ai Verdi critici sugli hot spot pagati al regime di Erdogan come sulla lista dei paesi sicuri ampliata a dismisura.