L’Europa ci riprova, a superare la situazione di conflitto in Libia che è ripreso da oltre cinque mesi provocando oltre mille morti e 120 mila sfollati e che si sta rapidamente tramutando in una nuova guerra per procura tra potenze estere – principalmente Turchia da una parte e Emirati dall’altra – come la Siria.

E questa volta è la Germania che scende nell’agone dove hanno fallito sia l’Italia che la Francia. Ieri la cancelliera Angela Merkel intervenendo al Bunsestag, la Camera bassa, ha pronunciato un articolato discorso di politica estera il cui nodo centrale era per l’appunto l’annuncio di un’impegno della Germania in prima fila nella stabilizzazione della Libia.

Come riferisce il quotidiano Handelsblatt – ma il suo intervento ha avuto grande risalto anche sui media libici – Merkel ha auspicato «che l’Europa riesca a imprimere un’impronta nella risoluzione dei conflitti nel mondo, per esempio in Siria, Iraq e Ucraina». E la Germania resta anche decisamente a favore dell’accordo sul nucleare con l’Iran. «Particolarmente importante in Libia – ha continuato Merkel -, dove c’è la minaccia di una nuova guerra per procura come in Siria».

Una Siria alle porte dell’Europa, con tutto il carico di conseguenze che potrebbe portare all’Europa anche in termini di aumento dei flussi migratori e di strumentalizzazione degli stessi da parte delle destre xenofobe.

«È indispensabile – si è limitata a dire la cancelliera – che facciamo di tutto per assicurarci che la Libia non si trasformi in una guerra per procura e la Germania farà la sua parte, l’intera regione africana potrebbe essere destabilizzata se la Libia non sarà stabilizzata».

Così la conferenza internazionale chiesta dall’inviato speciale per la Libia delle Nazioni unite Ghassam Salamé per rafforzare l’embargo delle armi, attualmente non rispettato da entrambi i combattenti – Serraj e Haftar – e arrivare a un cessate il fuoco prolungato che funzioni come finestra per riavviare il dialogo politico tra i vari attori libici, sarà convocata a Berlino.

Fonti diplomatiche dicono a cavallo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Il tentativo tedesco potrà imparare dagli errori che sono stati commessi nel 2018 sia da Macron con la conferenza di Parigi a fine maggio sia in quella di novembre a Palermo, organizzata da Giuseppe Conte durante il suo primo mandato da premier con la Lega, più volte contraddetto dal suo allora ministro plenipotenziario Salvini in stretti rapporti con i politici più guerrafondai di Misurata, come il vice premier Ahmed Maitig.

Francia e Italia, alla prova dei fatti, hanno appoggiato ognuna un partner, opposti, rafforzando in questo modo soltanto le ragioni del conflitto libico, oltre che le reciproche rivalità finanziarie e d’influenza.

L’asso in mano a Berlino in questa strategica partita nordafricana è dato dai rapporti stretti che la Germania ha sia con la Turchia – che arma e appoggia Serraj – sia con l’Egitto di Al Sisi, che sostiene il generale Haftar. E infatti, a dare credito all’agenzia di stampa turca Anadolu, ieri la cancelliera Merkel ha parlato subito al telefono con Recep Tayyip Erdogan.

Il colloquio tra i due avrebbe riguardato, oltre alla Libia, anche la Siria, da dove si attende una nuova ondata di profughi dalla città di Idlib. Erdogan in questa occasione sarebbe tornato a battere cassa proprio sulla questione dei rifugiati, sostenendo di aver speso finora 40 miliardi di dollari a fronte dei 3,6 miliardi pagati dall’Ue per sigillare le frontiere della rotta balcanica.