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Merkel ora difende l’eurozona. L’Italia fragile appesa allo scudo Bce

Merkel ora difende l’eurozona. L’Italia fragile appesa allo scudo BceMario Draghi e Angela Merkel – LaPresse

Ue a due velocità D’Alema lancia l'allarme sulla situazione economica. Ma Renzi punta ancora allo scontro con Bruxelles

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 10 febbraio 2017

Europa a due velocità, indietro tutta. «Chiariamo un equivoco: non sono interessata. L’eurozona deve rimanere nel suo complesso insieme». Parola di Angela Merkel, fresca di colloquio «sempre interessante» con Mario Draghi. Essendo la proposta stata messa in campo dalla medesima cancelliera, la repentina retromarcia sembra indicare soprattutto quanto forti siano le tensioni disgreganti che tengono la Ue e la moneta unica sotto stress. Tensioni alle quali, evidentemente, Draghi e Merkel hanno deciso di fare fronte insieme contrastando le spinte anti euro che partono sia dal basso, con la crescita dei movimenti antieuropei, che dall’alto, dal fronte rigorista forte nello stesso governo Merkel e al quale la doppia velocità offrirebbe un appiglio prezioso per conquistare la doppia moneta.

E’ una vicenda che riguarda l’Italia ancora più da vicino di quanto non appaia a prima vista. La lunga intervista rilasciata ieri da Massimo D’Alema era particolarmente eloquente perché, se le conclusioni politiche erano prevedibili, le spiegazioni del no alle elezioni in giugno erano di tono opposto a quelli rassicuranti adoperati sia dal governo Gentiloni che da Renzi proprio sul fronte della tenuta economica. Secondo D’Alema «la situazione economica è gravissima: siamo seduti su una polveriera».

Il punto più dolente è che non si sa per quanto il presidente della Bce riuscirà a tenere alto il suo scudo, senza il quale per l’Italia la situazione diventerebbe catastrofica. Ieri, subito prima del summit a Berlino tra lo stesso Draghi e Angela Merkel, il ministro delle Finanze Schaeuble è tornato all’attacco, sia pure con toni più cauti del solito. Ha definito «inusuali» le scelte della Bce e chiarito che «per noi il valore dell’euro è troppo basso». La Cdu suona la stessa musica: «Bisogna attendersi una exit strategy dalla fase dei tassi bassi». Non è solo la Cdu ma l’intero Ppe ad attestarsi sulla linea del rigore. Nel «Manifesto per l’Europa del XXI secolo», che verrà reso ufficiale la prossima settimana, la difesa dei criteri rigoristi è assoluta: «E’ la cattiva gestione di ieri, non il Patto di Stabilità di oggi, la causa della disoccupazione giovanile».

Peraltro il fronte nevralgico nei rapporti tra Germania e Bce è sempre più incandescente. Nel 2016 il surplus commerciale tedesco è salito dell’1,2%, segnando il record per il terzo anno consecutivo. Schaeuble, pochi giorni fa, ha ripetuto che la responsabilità è tutta di Draghi e che lui stesso aveva avvertito il presidente della Bce delle conseguenze delle sue politiche espansive in termini di surplus tedesco. La Germania non ha alcuna intenzione di arretrare senza una sterzata della Bce.

Al colloquio Draghi-Merkel di ieri non sono seguiti commenti, neppure in via informale. Ma l’uscita di Merkel contro la sua stessa proposta delle due velocità, sulla quale Draghi aveva lasciato trasparire tutte le sue perplessità e manifestato massima freddezza, conferma il tacito accordo per cui la Bce non interviene sul surplus tedesco esorbitante e in cambio Merkel spalleggia la politica di Draghi nonostante le opposizioni all’interno del suo governo e del suo partito. Ma non è un equilibrio che possa reggere a lungo, tanto più che con la ripresa dell’inflazione in Germania e nell’euro-zona (a parte l’Italia) rischia di venire presto meno la giustificazione formale che ha permesso a Draghi di varare il quantitative easing, cioè l’obbligo di mantenere l’inflazione al 2%.

Se si aggiunge il rischio di Grexit, incrementato dalla svolta isolazionista di Trump, si capisce bene perché l’Italia, gravata dal suo immenso debito pubblico e con una ripresa inconsistente, rischi di scoprirsi presto come il classico vaso di coccio. Forse non è un caso che D’Alema, alla fine di un’intervista che suona l’allarme rosso, abbia citato come grandi premier italiani Ciampi, Amato e Prodi: tre politici a fortissima connotazione tecnica. Sembra l’accenno di una strategia molto diversa da quella a cui pensa Renzi, che ancora punta sullo scontro diretto contro la Ue. Al punto che i renziani starebbero preparando un documento da portare alla direzione del 13 per bocciare senza appello la richiesta europea di manovra aggiuntiva.

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