La campagna di elettorale low profile di Giorgia Meloni si surriscalda nell’ultima settimana. Prima c’era stato il nervosismo di fronte ai ragazzi che si sono presentati in diverse piazze per contestarla. Cosa successa anche ieri a Palermo. Ancora una volta giovanissimi, ancora una volta sensibili ai diritti sociali e alle libertà civili con cartelli come «Il reddito non si tocca» e «Sul mio corpo decido io». Questa volta gli allarmi della leader di Fratelli d’Italia hanno avuto effetto: i manifestanti sono stati bloccati mentre cercavano di entrare a piazza Politeama e poi caricati dalla polizia su una delle vie laterali.

MELONI, dal canto suo, ha trascorso la giornata a barcamenarsi tra rivendicazioni identitarie e rassicurazioni moderate. Ha detto all’agenzia spagnola Efe di sperare che la sua vittoria possa fare da apripista per l’affermazione dell’estrema destra di Vox. «Ho avuto una lunga telefonata con Santiago Abascal, come spesso accade – afferma – Siamo uniti dal rispetto reciproco, dall’amicizia e dalla lealtà. Ci diverte il fatto che in Italia la sinistra usi Vox per attaccare FdI e viceversa in Spagna». Per Meloni «la concretezza e il pragmatismo dei conservatori sono molto più efficaci delle ricette ideologiche della sinistra» e sono in grado di garantire al paese «un forte cambiamento». Poi RaiNews le chiede di ribadire il giudizio del fascismo come «male assoluto» che espresse Gianfranco Fini nel 2003 in visita allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme. Lei utilizza questa formula, un po’ involuta: «Io ero dentro An quando Fini fece quelle dichiarazioni, non mi pare di essermi dissociata. La risposta mi sembra evidente». Infine, ed ecco la terza pietra d’inciampo che l’aspirante premier si è trovata sul suo cammino, in serata viene interpellata sul senso della fiamma nel simbolo del suo partito. Si tira in ballo l’eredità del Msi e del neofascismo italiano fin dal dopoguerra. «Non c’è alcun motivo per togliere dal simbolo di FdI la fiamma – risponde – Rappresenta la continuità con la storia di una destra repubblicana e democratica e che ha fatto parte a testa alta delle istituzioni dal dopoguerra ad oggi. Andiamo fieri del percorso democratico fatto dalla nostra comunità e non abbiamo ragione per nasconderlo».

L’ESCAMOTAGE che Meloni usa per descrivere il suo rapporto con l’eredità fascista è quello tipico delle destre estreme: mettere sullo stesso piano tutti i totalitarismi del Novecento per dire che in fondo ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio e dunque azzerare i conti con la storia. Sono discorsi che sono diventati di senso comune presso buona parte della popolazione dopo decenni di normalizzazione del fascismo. «Considero tutti i regimi un male, quelli di ieri e anche quelli di oggi, senza le gerarchie e le esitazioni che invece vediamo continuamente nella sinistra – dice all’Adnkronos – Abbiamo sempre difeso le radici classiche dell’Europa e i valori di libertà e democrazia che sono l’essenza dell’identità europea. Per questo non possiamo avere alcuna simpatia per i totalitarismi. Il problema è, piuttosto, quello della sinistra italiana che si è dissociata dal resto delle forze politiche europee rifiutandosi di condannare l’Unione Sovietica e i regimi comunisti. Non capisco perché non chiediate conto a Letta di quei deputati del Pd che al parlamento europeo si sono rifiutati di condannare il totalitarismo comunista». «Spero che Vox non abbia successo in Spagna, sarebbe un pessimo segnale per l’Europa – attacca proprio il segretario del Partito democratico Enrico Letta – Non mi sorprendono le parole di Meloni, conosco il suo rapporto con Vox».

MELONI CI TIENE a fare sapere che una delle misure del suo governo riguarderà le piattaforme digitali. «Sui social network devono valere le stesse regole che esistono sugli altri mezzi di informazione. La libertà di parola e la trasparenza nella gestione dei nostri dati non possono essere messi in discussione: lo abbiamo proposto dall’opposizione e lo faremo». Nelle stesse ore si viene a sapere che Calogero Pisano, coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia ad Agrigento e candidato alla Camera, è stato sospeso «con effetto immediato» da tutti gli incarichi dopo le proteste, fra le altre, della comunità ebraica di Roma. Avrebbe diffuso via social parole di apprezzamento per Adolf Hitler, oltre che di sostegno per Vladimir Putin.