È il primo – e forse l’ultimo – dibattito di tutti i candidati al primo turno dell’elezione presidenziale, il 23 aprile. Undici contendenti, «grandi» e «piccoli», in cerchio, su due tv private di informazione continua (BfmTv e CNews).

La trasmissione di ieri sera è stata preceduta da molte polemiche, i «grandi» per la paura di scivolare in uno scontro improduttivo e trasformarsi in facili bersagli, mentre i «piccoli» hanno ottenuto una scena insperata per farsi conoscere. Un altro dibattito, ristretto a 11, è previsto su France2, ma alcuni candidati – Mélenchon, poi Macron, adesso anche Le Pen – hanno espresso dubbi sulla data, il 20 aprile, considerata troppo vicina al voto.

A venti giorni dal primo turno, i sondaggi confermano che permane una forte percentuale di indecisi: solo due terzi degli elettori sono certi di andare a votare, e tra questi soltanto il 64% ha già fatto una scelta definitiva (sondaggio Cevipf-Le Monde). Mai c’era stata nel passato un’analoga incertezza a così poca distanza dal voto. Continuano la corsa in testa Emmanuel Macron e Marine Le Pen, entrambi al 25%. Malgrado gli scandali, segue Fillon, al 17,5%.

Ma la novità è la crescita di Jean-Luc Mélenchon, che è salito al 15% e adesso intende scalzare Fillon e poi tentare l’affondo con la presenza al ballottaggio. Nella battaglia a sinistra, il candidato socialista Benoît Hamon sembra ormai distanziato, al 10% e in calo. Mélenchon era stato molto incisivo nel primo dibattito tv (solo i cinque «grandi», su Tf1) e, soprattutto, aveva riunito più di 100mila persone nella marcia per la VI Repubblica, il 18 marzo scorso.

Il leader della France Insoumise attira ormai anche una parte dell’elettorato socialista, oltre ad aver mobilitato parte degli astensionisti. Cosa è successo con Hamon, che all’inizio della campagna aveva saputo imporre un tema al centro del dibattito, il reddito universale? Il candidato del Ps è stato abbandonato da parte dei dirigenti del partito (andati da Macron).

Probabilmente, più che il capitale elettorale di personalità come l’ex primo ministro, Manuel Valls, l’avvicinamento di parte dei socialisti a Macron non è tanto un voto di adesione al programma del leader di En Marche! «né di destra né di sinistra», ma dipende dalla questione del «voto utile»: l’idea di spingere Macron in testa al primo turno, per meglio battere Marine Le Pen al ballottaggio (i sondaggi valutano questo scontro a 61% contro 39% per il 7 maggio).

Secondo il sindacalista Claude Debons, è anche la proposta del reddito universale ad aver creato dei problemi a Hamon, perché ha dato l’impressione di de-valorizzare il lavoro, mentre «per la classe operaia il lavoro resta centrale, anche per il futuro dei figli».

A sinistra ci sono alti due candidati, Nathalie Artaud per Lutte ouvrière e Philippe Poutou per l’Npa (Nuovo partito anticapitalista). Entrambi ammettono preventivamente che non corrono per vincere (i sondaggi danno a entrambi non più dello 0,5%), ma intendono far sentire la voce del mondo operaio, in una prospettiva di superamento del capitalismo in un quadro di internazionalismo.

Tra i «piccoli» candidati, uno solo ha una certa visibilità: si tratta di Nicolas Dupont-Aignan, sovranista ex gollista, che cerca di prendere voti a Fillon ma anche a Le Pen (è intorno al 4%). Gli altri tre sono una curiosità tutta francese, perché sono riusciti a ottenere le 500 firme di politici eletti per potersi presentare.

Jacques Cheminade, 75 anni, si presenta per la terza volta a una presidenziale (nel 2012 aveva ottenuto lo 0,2%). Ha fatto l’Ena e Hec, due «grandi scuole» ed è vicino al complottista Lyndon LaRouche. Le sue proposte ricorrenti sono di «industrializzare la luna» e «colonizzare Marte».

Anche François Asselineau ha frequentato Ena e Hec. Nel 2007 ha fondato un partito, l’Upr. Si presenta come «euro-ateo», alla Francia propone il Frexit, abbandonare l’euro, uscire dall’Ue e anche dalla Nato. Jean Lassalle è un ex centrista, parlamentare che si è fatto conoscere per aver cantato all’Assemblée una canzone in dialetto dei Pirenei e per aver camminato 5mila km attraverso la Francia per ascoltare i «dimenticati». Assicura che saprà tener testa a Trump e Putin perché ha «avuto a che fare con orsi, lupi e caverne».