Le famiglie di 5 bambini e 4 adulti uccisi nel 2012 nella sparatoria alla scuola elementare di Sandy Hook, Connecticut, hanno raggiunto un accordo da 73 milioni di dollari con Remington, l’ormai fallito produttore del fucile semiautomatico in stile AR-15 utilizzato nel massacro: vittime 20 bambini e 6 adulti.
L’accordo arriva più di 7 anni dopo la causa per omicidio colposo intentata contro Remington dalle famiglie, che sostenevano che il produttore di armi doveva essere ritenuto parzialmente responsabile della sparatoria a causa della sua spregiudicata strategia di marketing.

SOLITAMENTE la legge federale statunitense protegge i produttori di armi dalle azioni legali per omicidio colposo, ma in questo caso l’argomento del marketing è stato un approccio nuovo che crea un precedente importante.
Le famiglie hanno anche «ottenuto, e possono rendere pubbliche, migliaia di pagine di documenti interni dell’azienda che provano gli illeciti di Remington, e costituiscono una lezione importante su come aiutare a prevenire future sparatorie di massa», hanno detto gli avvocati dei querelanti in un comunicato stampa. «Abbiamo stabilito ciò che era chiaramente vero – ha affermato il legale delle famiglie Josh Koskoff – l’immunità che protegge l’industria delle armi non è a prova di proiettile. Speriamo che si rendano conto di essere la causa principale di questo problema, invece di incolpare letteralmente chiunque altro».

GLI AVVOCATI dei querelanti si sono opposti alla legge del 2005 che proteggeva i produttori di armi nei processi per omicidio colposo, affermando che la Remington pubblicizzava le armi semiautomatiche come quella usata per la sparatoria, esaltandone le qualità militari, e rafforzandone l’immagine di arma da combattimento professionale paragonabile a quelle da guerra in uso negli eserciti, violando così una legge del Connecticut che impedisce le pratiche di marketing ingannevoli.
Il modo in cui gli avvocati sono riusciti a vincere la causa, ad un occhio europeo, può sembrare quanto meno contraddittorio, ma l’aver rotto il muro di difesa delle ditte produttrici di armi, ed avere creato un precedente, è il risultato maggiore che deriva da questa causa.

E l’accordo favorevole alle famiglie delle vittime dovrebbe rappresentare anche un avvertimento per le compagnie assicurative che coprono i produttori di armi, ha affermato Koskoff. «Compagnie di assicurazioni, è ora che iniziate a trattare l’industria delle armi come trattate me ogni volta che ricevo una multa per eccesso di velocità, alzando le mie quote – ha detto l’avvocato – Si è mai sentito parlare di una compagnia di assicurazioni che non si preoccupa affatto del rischio e i danni creati dal suo assicurato? Questa vittoria storica invia un messaggio forte e convincente ai produttori di armi, come alle industrie assicurative e bancarie che li proteggono e supportano: questo è un mercato ad alto rischio, non è redditizio e voi sarete ritenuti responsabili».

IL PATTEGGIAMENTO è stato un epilogo salutato positivamente sia dalle associazioni che si battono per maggiori controlli sulla vendita delle armi, che dalla stessa Casa Bianca. Poco dopo la diffusione della notizia la Casa bianca ha infatti diffuso un comunicato: «Sebbene questo accordo non cancelli il dolore di quel tragico giorno, dà il via a un lavoro necessario per stabilire le responsabilità di chi produce armi da guerra e le commercializza in modo irresponsabile. Questo progresso è il risultato della perseveranza di 9 famiglie che hanno trasformato una tragedia in un obiettivo. Insieme, possiamo trasmettere un messaggio chiaro ai produttori e ai rivenditori di armi: devono cambiare i loro modelli di business e far parte della soluzione di questa epidemia di violenza armata, oppure sosterranno il costo finanziario della loro complicità».