Mario Tozzi: «Diciamo basta ai permessi per estrarre il petrolio»
Green, please È come se i giovani sentissero il respiro del pianeta. Vivono le conseguenze del climate change, vedono che tanta gente si sposta e migra, e lo fa ormai in larga parte per queste ragioni
Green, please È come se i giovani sentissero il respiro del pianeta. Vivono le conseguenze del climate change, vedono che tanta gente si sposta e migra, e lo fa ormai in larga parte per queste ragioni
Mario Tozzi questa mattina è a Roma, dove aprirà gli interventi alla fine del corteo in programma per il «Global Climate Strike», la protesta globale per chiedere provvedimenti rapidi sui cambiamenti climatici. Dopo la sua introduzione, spazio ai giovani, dai bambini delle elementari agli studenti universitari.
Domani, invece, il geologo e divulgatore scientifico, primo ricercatore del Cnr, torna su Rai3, con «Sapiens – Un solo pianeta», in onda sabato 16 marzo alle 21.45.
«NELLE PUNTATE DECLINIAMO sempre i temi del clima e dell’ambiente, e siamo l’unica trasmissione a farlo sulla televisione pubblica. Partiamo dai fiumi, guardando al più intatto e al più inquinato d’Europa, entrambi in Italia. Sono il Tagliamento e il Sarno», racconta al manifesto, spiegando poi perché ha scelto di stare in piazza con i ragazzi: «Ho deciso di appoggiarli perché le loro ragioni sono le mie, e sono quelle di tutti gli uomini di buona volontà, di scienza e di coscienza. Apprezzo nei ragazzi la loro risposta istintiva, direi quasi viscerale, di fronte alle problematiche legate al riscaldamento globale e al clima: più che la conoscenza specifica, è come se “sentissero” il respiro del pianeta. Vivono le conseguenze del climate change, vedono che tanta gente si sposta e migra, e lo fa ormai in larga parte per queste ragioni; vedono che viventi non umani soffrono o si estinguono, e questo dipende dalle nostre azioni che hanno impatti ambientali negativi; vedono l’eccessivo inquinamento e che c’è gente che ne muore, in tutto il mondo. Avvertono il problema, più che studiarlo. Le loro azioni sono determinate da una constatazione “di pancia”, quella che oggi manca a chi più adulto».
Che cosa dirà loro?
Il messaggio è uno, ed è semplice: domani è oggi. È già oggi. Quando vi dicono che non c’è bisogno di preoccuparsi del clima, perché c’è ancora tempo per agire e reagire, perché in fondo l’essere umano se l’è sempre cavata, dovete ricordatevi che o agiamo oggi o sarà tardi per sempre. Perché se anche oggi facessimo cessare ogni emissione climalterante, “spengendo” tutto ciò che va a combustibili fossili, cancellando l’allevamento intensivo, ci vorrebbero almeno 50 anni perché la temperatura torni ad essere quella attuale, senza incrementare ulterioramente. L’atmosfera, infatti, è così inserte, che prima di registrare il cambiamento, ci metterà mezzo secolo: significa che nemmeno alcuni giovani, tra questi adolescenti, lo vedrebbero.
L’Italia come si presenta di fronte a questo Global Climate Strike?
La posizione del governo italiano negli ultimi anni, parlo di più esecutivi, è stata contraddittoria: da una parte si aderisce al modello europeo del 20-20-20 (ridurre le emissioni di gas serra del 20%, alzare al 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20% il risparmio energetico, entro il 2020, ndr), avendo già superato l’obiettivo ad esempio per quanto riguarda l’energia prodotto da fonti rinnovabili, dall’altro si continua ad autorizzare la ricerca di idrocarburi in Italia. Non è possibile: se tu sei favorevole alla riduzione delle emissioni climalteranti, è tempo di dire basta a nuovi permessi di ricerca per estrarre petrolio.
E c’è anche chi tra i politici manifesta per chiedere la costruzione di nuove autostrade. È successo in Emilia-Romagna, sabato 9 marzo.
Alle strade dedichiamo una delle puntate di «Sapiens», perché l’Italia è il Paese che ha più strade del mondo, per circa 1 chilometro lineare ogni chilometro quadrato di superficie. Questa posizione, che identifica lo sviluppo con più opere, è vecchia: sono ragionamenti che fanno pena dal punto di vista ambientale. Nelle facoltà di Ingegneria, dove studiano i flussi di traffico, agli studenti spiegano subito che più strade equivale a più auto, ma c’è chi lo considera ancora un valore economico. Anche se è un disvalore. In tv racconteremo delle strade degli antichi, come l’Appia: infrastrutture pensate come luogo d’incontro. Citeremo anche Giorgio Gaber, parafrasando l’idea che le strade siano una salvezza. Il messaggio è «non vi chiudete nelle case», ed è in fondo quello degli studenti che scendono in piazza in tutto il mondo il 15 marzo 2019.
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