«Non abbiamo fondi di governi stranieri. Non abbiamo budget di centinaia di milioni di shekel dall’estero. Abbiamo solo le persone! Aiutaci a realizzare la manifestazione più importante per il futuro dello Stato di Israele. Grazie a te le elezioni non ci verranno rubate». Usa questi slogan la destra israeliana fingendosi povera, debole, vittima di un complotto internazionale per realizzare un’ampia operazione di contrasto politico, oltre che nelle strade, alle proteste contro la riforma giudiziaria avviata in parlamento dal governo Netanyahu. Questa sera a Gerusalemme si terrà il raduno «One Million-Person March», al quale sta lavorando con eccezionale impegno il primo ministro Netanyahu per dimostrare che la tanto contestata riforma della giustizia e l’assalto frontale alla Corte suprema hanno il sostegno di masse di israeliani. Non a caso il raduno si terrà tra la Knesset e la sede della massima corte di Israele, ossia l’area che per più di tre mesi è stata, assieme a piazza Habima e via Kaplan a Tel Aviv, il luogo della contestazione di centinaia di migliaia di israeliani contro la riforma. «One Million-Person March» sarà il preludio del rilancio – con la prossima ripresa dei lavori del parlamento – del controverso disegno di legge, congelato a fine marzo da Netanyahu di fronte a manifestazioni oceaniche a Tel Aviv e in altre città e alle fibrillazioni in atto nelle Forze armate.

Netanyahu non parlerà questa sera, vuole mantenere una posizione di basso profilo per evitare che il raduno appaia come un referendum sulla sua persona e per privilegiare l’appoggio «popolare» alla limitazione dei poteri dei giudici della Corte suprema. Vede la manifestazione come una «legittimazione» del suo governo composto da partiti di estrema destra e ultraortodossi. La maggioranza di destra si è mobilitata anche negli Stati uniti lanciando inviti a donare e ad esprimere sostegno. Collaboratori e alleati del primo ministro garantiscono che stasera «sarà la più grande manifestazione della storia» di Israele. Lo slogan rivolto a ministri e parlamentari è: «Avete ricevuto un mandato per correggere l’ingiustizia! Non saremo cittadini di seconda classe!».

A Gerusalemme arriveranno da ogni punto per affermare che il popolo di Israele è quello emerso dalle elezioni dello scorso novembre e non quello che dall’inizio dell’anno ha manifestato ogni settimana contro la riforma. Saranno attivisti e simpatizzanti della destra, coloni dai Territori palestinesi occupati, abitanti delle aree più marginali e del Negev, famiglie intere. Giungeranno a bordo di ogni mezzo di trasporto pubblico, di auto e di bus messi a disposizione dal Likud di Netanyahu e dai partiti dell’estrema destra Potere ebraico e Sionismo religioso che fanno capo al ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich.

Con ogni probabilità i manifestanti non arriveranno ad essere un milione ma di sicuro saranno centinaia di migliaia, quanto basta al primo ministro per poter proclamare che Israele vuole la riforma della giustizia e la svolta di orientamento religioso che il governo sta dando all’ordinamento e, in definitiva, all’intero paese. Netanyahu ha però bisogno di una massiccia partecipazione anche degli ebrei ultraortodossi. Ancora ieri era impegnato ad incoraggiare le comunità haredi a prendere parte alla manifestazione e non è chiaro se le sue pressioni avranno l’effetto sperato. I partiti ultraortodossi, pur essendo parte della maggioranza e sostenitori della riforma, già prima del congelamento temporaneo delle nuove leggi annunciato dal premier, si erano espressi con più moderazione rispetto ai partiti ultranazionalisti perché timorosi di allargare il divario già ampio dai laici. Il ministro della giustizia Yariv Levin, l’architetto della revisione giudiziaria, ha invitato a partecipare senza esitazioni alla manifestazione «per dire con forza che il popolo chiede riforme legali. Il mandato ricevuto dal governo di destra deve essere realizzato».

Si guarda già al dopo «One Million-Person March».     Netanyahu ha sospeso l’iter della riforma per consentire colloqui di compromesso con l’opposizione, ospitati dal presidente Isaac Herzog. Per ora non si registrano progressi di qualche rilievo al tavolo del negoziato. Gli oppositori del piano, perciò, hanno continuato le proteste antigovernative, sottolineando la profonda sfiducia che nutrono nei confronti delle intenzioni dell’esecutivo. Esponenti chiave della coalizione, infatti, hanno promesso che la riforma andrà avanti «in un modo o nell’altro». La Knesset è convocata il 30 aprile per dibattere di una legge che metterà le nomine giudiziarie sotto il controllo politico, un pilastro centrale del pacchetto legislativo.