«Per prima cosa, il titolo della legge è “ius soli temperato e ius culturae”. Tengo a questa precisazione: parlare per due anni di ’ius soli’ ha danneggiato il dibattito. È una legge ragionevole che non contiene automatismi». È la premessa di Mario Marazziti, storico portavoce della comunità di Sant’Egidio e presidente della commissione affari sociali della Camera, primo firmatario di uno dei testi di legge, il più vicino a quello approvato dalla Camera.

Si torna a discutere di ius soli. C’è ancora la speranza approvarlo dopo l’estate?

Non so se la ripresa del dibattito aiuti o piuttosto danneggi. È stato saggio da parte del presidente Gentiloni spostare a settembre il voto. La legge va approvata e credo che si troverà la forza politica per farlo. In caso contrario sarebbe un’occasione persa, gravemente persa per questa legislatura.

Perché Gentiloni ha fatto bene a non mettere la fiducia?

Ha fatto bene a rimandare perché prima dell’estate la fiducia conteneva un potenziale elemento di destabilizzazione del governo e della maggioranza per via delle difficoltà interne ad Area popolare. Difficoltà che sono state capite. In autunno il tema si proporrà in termini diversi. E in caso di fiducia, che non escludo, bisognerà vedere quali forze potranno votare a favore. Non va usata la legge per prefigurare nuove maggioranze o alleanze elettorali.

Il testo resterà com’è? Ap chiede alcuni cambiamenti.

Il testo approvato alla camera è stato votato integralmente da Ap grazie a un accordo serio: il capogruppo del Pd Rosato, la relatrice Fabbri e io stesso abbiamo accettato di stralciare la parte della cittadinanza degli adulti. L’impegno, confermatomi da Maurizio Lupi, è su quel testo. Escludo che apportare modifiche ne favorisca l’approvazione definitiva.

Per  Renzi invece è  improbabile approvarlo entro la legislatura.

Renzi ha detto che è ’difficile’. Ed è un giudizio realistico. Ma secondo me lo ha fatto per dire che non sta facendo pressione sugli alleati. Detto questo io invece ritengo che sia più verosimile l’approvazione.

Sinistra italiana, dall’opposizione, offre i suoi voti sulla fiducia.

È così. Dobbiamo mettere al centro l’approvazione della legge. Se la fiducia è un passaggio tecnico, ogni possibilità va presa in considerazione. Ci saranno altri sì. Per questo sono moderatamente positivo.

A sbarrare la via è stato il crescente clima ostile ai migranti.

È stato un errore non approvarla a fine 2015, in attesa di cosiddetti “tempi migliori”. I tempi migliori non esistono, le leggi si fanno se sono giuste e se servono al paese. Purtroppo da allora il clima è peggiorato. Ma in ogni caso un provvedimento di questo genere non si fa sulla spinta delle emozioni. Il paese ha bisogno della legge per la cittadinanza dei bambini figli di immigrati, e che vanno a scuola, da 15 anni. E questo con i profughi e i migranti non c’entra nulla. È in corso un gravissimo slittamento nella comunicazione e nell’informazione, per cui in maniera falsa e volgare chi si oppone lo descrive come la regolarizzazione dei profughi e come la corsa a partorire in Italia. In realtà questa legge riguarda chi è in Italia regolarmente da oltre 5 anni con un permesso di lungo soggiorno europeo. È collegata a una stabilità lavorativa e abitativa. Dobbiamo scegliere se tenere una persona nel limbo fino ai 18 anni o se prendere atto del fatto che è un ragazzino appassionato dell’Italia a volte più di tanti coetanei. E ancora: per chi arriva dopo la nascita, si può dare la cittadinanza a chi studia almeno 5 anni nella scuola dell’obbligo, o è diplomato o laureato in Italia. Perché è la cultura italiana a fare gli italiani.

E però è difficile discutere in un clima di isteria collettiva.

Ma quando non si chiude un gap tra realtà e diritti, nel tempo della formazione dell’identità dei ragazzi, si aumenta l’insicurezza. Si crea una zona grigia, che è quello che invece toglie e ricuce questa legge. Il dibattito è surreale. Lo ius soli non c’entra con la supposta invasione, che fra l’altro non c’è perché il numero degli arrivi è in calo. Ma se quando se ne parla non si chiarisce di cosa si parla, alla lunga il dibattito diventa controproducente.

Lei diceva: gli attesi tempi migliori non sono arrivati. Anzi.

I tempi si sono imbarbariti in tutta Europa.

Si discute se stare con o contro le organizzazioni umanitarie. Qual è la sua opinione?

Le migrazioni non sono un’emergenza ma un dato strutturale del nostro tempo: più di 60 milioni di profughi forzati e più di 200 milioni di profughi nel mondo. Il problema sono le guerre le persecuzioni, le desertificazioni e i cambiamenti epocali. Certo il problema non sono le Ong. È del tutto comprensibile che ci siano alcune Ong che per i loro statuti non possono accettare persone armate sulle proprie imbarcazioni. È normale, va rispettato, va trovata una soluzione. Il governo può trovarla. I Medici senza frontiere sono eroi quando operano in tutti i paesi del mondo e in Italia smettono di esserlo? Suggerirei di non farne un braccio di ferro. Una presenza di personale civile potrebbe svuotare lo scontro.

Il ministro Minniti dovrebbe modificare le sue richieste alle Ong?

Il governo italiano può trovare una forma più ragionevole. Le Ong non sono il pull factor delle emigrazioni. Non ho mai visto trafficanti umani che mandano in mare i profughi solo se sono certi che qualcuno li salverà. E credo che sia ragionevole per il governo avere come obiettivi i trafficanti e non le Ong.