Germania anno zero: dal reset nella Cdu che fra quattro giorni sceglierà il successore della dimissionaria Annegret Kramp-Karrenbauer alla guida del partito, alla rincorsa alle elezioni per rinnovare Bundestag e cancelleria che rimangono fissate per il prossimo 26 settembre nonostante l’emergenza Coronavirus. Passando per il crescente mal di pancia dei vertici della Spd (sempre inchiodata al 14% nei sondaggi) freschi reduci della presentazione a Merkel del quaderno di doglianze sul fallimento della vaccinazione di massa: minata dalla mancanza di dosi del vaccino BioNtech quanto dalla cronica carenza di personale sanitario.

Ma in autunno si voterà anche per eleggere il nuovo governatore di Berlino che, per la prima volta, potrebbe essere donna, vista la sfida fra la candidata dei Verdi, Bettina Jarash, e l’attuale ministra Spd della Famiglia, Franziska Giffey, ex borgomastra del quartiere di Neukölln. Entrambe sono quotate al 18% del consenso popolare. Tutto mentre ha smesso di brillare la luminosa stella di Jens Spahn, ministro Cdu della Sanità, fino a ieri pronto a passare all’incasso del record di fiducia accumulato con l’ottima gestione della prima ondata del Covid-19, oggi infranta clamorosamente sul muro strutturale del “modello tedesco” che non è più il sistema di riferimento europeo.

SABATO E DOMENICA prossima è previsto il Parteitag della Cdu che a causa del lockdown si svolgerà solo in formato digitale. Mille delegati sono chiamati a rinnovare la segreteria pescando nella terna dei candidati ufficiali. Spicca Friedrich Merz, rappresentante dell’ala conservatrice del partito nonché uomo già sul libro paga del Fondo Blackrock: si candida per la seconda volta dopo aver perso la sfida contro Akk. Segue Armin Laschet, premier del Nord Reno-Westfalia con curriculum che spazia dal Bundestag all’Europarlamento. A Berlino è considerato l’erede “naturale” della politica di Merkel mentre vanta l’endorsement anche di Spahn (il quale, secondo le malelingue, all’apice del successo aveva pensato di potergli soffiare il posto). Il terzo aspirante è Norbert Röttgen, formalmente sceso in campo «a nome di tutti»: siede in Parlamento dal 1994 e ha ricoperto la carica di ministro dell’Ambiente fino al 2012, prima di diventare presidente della Commissione Esteri del Bundestag.

Secondo le regole fissate nella Cdu, se nessuno dei tre il 16 gennaio raggiungerà il 50% dei voti si andrà al ballottaggio per sancire il segretario che avrà anche buone probabilità di diventare il candidato dell’Union alla cancelleria, previo accordo con la Csu di Markus Söder, governatore della Baviera e leader dei cristiano-sociali.

A LEGGERE L’ULTIMO sondaggio di Infratest-Dimap, Merz rimane in testa con il 29% del gradimento, mentre Laschet nelle ultime settimane è cresciuto di dieci punti fino al 25%: più o meno la stessa percentuale attribuita a Röttgen. Insomma, la gara interna nella Cdu è tutt’altro che scontata. Fondamentale sarà l’appoggio delle donne finora poco propense a votare per Merz e divise fra il supporto a Röttgen e Laschet: entrambi la settimana scorsa sono stati investiti dal Consiglio federale femminile dell’Union, anche se l’ex presidente Rita Süssmuth ha espresso la sua preferenza per il governatore renano.

IL VINCITORE, SALVO SORPRESE, in autunno sfiderà il vice-cancelliere Olof Scholz, candidato della Spd, e l’uomo o donna indicato dai Verdi (il secondo partito nei sondaggi al 20%) anche se la campagna elettorale si giocherà in parallelo nelle urne di Berlino dove pure si vota il 26 settembre.

NELLA CAPITALE si profila il confronto tutto al femminile fra la deputata Jarasch, classe 1968, dal 2013 al 2018 componente del comitato esecutivo nazionale dei Grünen e fino al 2016 presidente dei Verdi berlinesi, e la ministra socialdemocratica Giffey.

Dietro di loro il candidato della Linke, Klaus Lederer, ministro della Cultura della Città-Stato, accreditato del 16% nell’ultima rilevazione Insa. In questo quadro è più che probabile la riedizione dell’attuale coalizione rosso-rosso-verde, dato che la Cdu è data al 22% ma il suo potenziale alleato liberale vale solo il 7%, mentre Afd resta congelata al 12%.