Il condono è il pomo della discordia tra Salvini e Di Maio. Alla fine però la quadra viene trovata e l’equilibrio pende forse più a favore del pentastellato, che rifiutava a ogni costo l’ipotesi di allargare la sanatoria anche a chi non ha denunciato niente. Il «nero» potrà essere sanato con una dichiarazione integrativa, ma solo da chi abbia comunque fatto la dichiarazione. Si potrà dichiarare sino al 30% in più, non oltre un tetto di 100mila euro. Sul nuovo imponibile la tassa sarà del 20%. Di Maio avrebbe preferito evitare del tutto l’integrativa ma alla fine si è accontentato di una sanatoria che c’è ma con misura e in cambio del carcere per i grandi evasori.

Ci sarà in compenso un secondo decreto fiscale «tagliascartoffie», nato «per semplificare», che conta tra i capitoli principali l’impossibilità di pignorare casa, e ci sarà l’annullamento delle sanzioni per i contenziosi, che potranno essere pagati senza maggiorazioni in 20 rate e 5 anni. Mediazione anche sul secondo punto sul quale si erano appuntate le tensioni: il taglio alle pensioni d’oro. Ci sarà ma con un gettito minore di quanto inizialmente previsto da M5S: partirà dal netto di 4.500 euro invece che dai 3.500 a cui ambivano i 5S e porterà circa 300 mln l’anno invece di 500.

L’accordo, stavolta, non è stato facile. Accumulate nel corso del tempo, le tensioni tra i dioscuri della maggioranza sono esplose tutte insieme nel giorno della verità, quello in cui la legge di bilancio doveva prendere corpo. Sullo sfondo c’è l’irritazione del pentastellato per l’invadenza del leghista e del suo presidente di fiducia, Foa, in Rai e un po’ c’è anche il disappunto per quella storiaccia di Lodi. Ma il vero nodo che ha rischiato di strangolare il felice sodalizio erano proprio le norme sulla pace fiscale. «Siamo diversi ma non mi pento dell’alleanza», ha ammesso senza remore Salvini.

Di Maio s’imbizzarrisce, diserta il vertice mattutino restandosene chiuso nel suo studio al terzo piano mentre giù al primo Conte, Tria, Giorgetti e viceministri provano a sbrogliare la matassa dei conti che non tornano, della coperta che è sempre troppo corta. Non c’è neppure Salvini, che arriva però nel primo pomeriggio. Per far uscire il moderno Achille dalla tenda in cui si è rinchiuso i ministri a cinque stelle, con Fraccaro in testa, devono sudare.

Poi la tensione si stempera. Giorgetti giura che le norme sulle pensioni d’oro «non saranno nel decreto fiscale», e per un attimo pare tempesta. Di Maio invece assicura che ci saranno eccome, ma in effetti non nel decreto fiscale bensì nella legge di bilancio propriamente detta. I contendenti escono dal vertice con il premier e Tria diretti alla riunione del cdm apparentemente riappacificati, solerti nel cantare vittoria.«Facciamo con gradualità e coraggio quello che abbiamo promesso anche su Flat Tax, Fornero e pace fiscale», annuncia lieto Salvini.

Il passaggio chiave nello scontro con la Ue, con la Bce e con l’Fmi, la revisione della Fornero con l’introduzione di quota 100, in effetti è rimasto intatto e, almeno stando alle indiscrezione fatte filtrare prima della fine del cdm, senza correttivi. Partirà da febbraio, il che potrebbe voler dire che le finestre saranno anticipate rispetto alla previsione di una partenza il primo aprile, e il capo leghista assicura che non ci saranno penalizzazioni di sorta per chi sceglierà di andare in pensione con la nuova quota. Sempre stando alle promesse, ma in questo caso bisognerà vedere bene i dettagli, il solo taglio massiccio riguarderà, tanto per cambiare, gli immigrati con un taglio di 500 mln per anno nel prossimo triennio. Nessuna altra tassa né taglio, almeno a parole, e anzi un non meglio chiarito «aumento» dei fondi per la sanità e 100 mln, cifra poco più che simbolica, per le famiglie.

La misura più complicata, il reddito di cittadinanza, andrà esaminata nei particolari ma per quanto riguarda il vero fronte incandescente, quello europeo, la sfida è stata lanciata ufficialmente nella notte. Conte illustrerà la manovra giovedì nella riunione del Consiglio europeo e spera di portare dalla sua Angela Merkel. Di Maio si dice convinto che alla fine un accordo si troverà. Forse vede le cose troppo in rosa.