La marcia della manovra rallenta ancora. È certo che la Camera dovrà lavorare per ratificare la legge di bilancio, dato che nel monocameralismo alternato che è ormai norma di più non potrà fare, tra Natale e il 31 dicembre. Domani arriveranno al Senato gli emendamenti del governo, concentrati su fisco, bollette, pensioni, scuola ed enti locali. Alla fine della settimana dovrebbe cominciare a votare la commissione Bilancio, l’approdo in aula non sarà prima del 21 dicembre nella migliore delle ipotesi: poi l’approvazione con il voto di fiducia e il passaggio alla Camera dopo Santo Stefano.

NEL PACCHETTO di emendamenti del governo il capitolo fisco c’è ma non sono previste modifiche tali da spingere Cgil e Uil a revocare lo sciopero generale del 16. «È il momento di dire al governo che le riforme non possono essere decise dalla maggioranza informando le parti sociali dopo che sono state fatte», ha ripetuto ieri Maurizio Landini confermando che la protesta è nel merito della manovra ma anche moltissimo sul metodo, cioè sulla tendenza non tanto della maggioranza quanto del governo a muoversi evitando qualsiasi cosa possa somigliare a un veto. Significativamente, Mario Draghi ha deciso di non incontrare i sindacati prima della presentazione degli emendamenti, proprio per sottolineare la sua determinazione a procedere anche in mancanza di accordo.

IN COMPENSO IL PREMIER ha convocato i sindacati per il 20 dicembre per affrontare la riforma delle pensioni, rimasta in sospeso dopo la scelta del governo di superare quota 100 fissando quota 102 per il 2022 e lasciando in sospeso il seguito. Draghi vuole allo stesso tempo lanciare un segnale di disponibilità e ribadire la sua fermezza una volta presa la decisione. Lo stesso segnale sarà probabilmente affidato agli emendamenti, almeno sul versante del caro bollette e del superbonus. Ieri Giuseppe Conte, in veste di leader dei 5 Stelle, ha incontrato il premier e ha messo sul tavolo due richieste essenziali: non scalfire ulteriormente il Reddito di cittadinanza e eliminare il tetto di 25mila euro Isee per la ristrutturazione degli edifici monofamiliari, le «villette».

SUL PRIMO FRONTE l’ex premier ha gioco facile: la scelta di non intervenire oltre sul Reddito è già stata presa e non sarà rimessa in discussione per le insistenze della Lega. Sul secondo è quasi certo che i 5 Stelle qualcosa otterranno, anche perché la richiesta di rivedere quel tetto è corale, avanzata dall’intera maggioranza. Il tetto quasi certamente verrà eliminato anche se le modalità sono ancora allo studio: «In Parlamento c’è un orientamento molto forte a superare questo limite»,anticipa la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra. Anche nell’impiego dei 3 miliardi e 800 milioni del fondo contro l’aumento delle bollette il governo accoglierà la richiesta di privilegiare le fasce sociali più disagiate: «Verranno destinati principalmente alle persone più bisognose e alle imprese più piccole, per riequilibrare il profilo distributivo», assicura ancora Cecilia Guerra.

ANCHE LA DESTRA mette sul tavolo le proprie richieste. Al Senato Lega e Forza Italia, incalzate dall’alleata d’opposizione Giorgia Meloni, reclamano lo slittamento delle scadenze per il pagamento delle cartelle esattoriali ed è probabile che su questo fronte terranno duro e la spunteranno.

MA SONO ONDE di dimensione modesta quelle che attendono la manovra: nel complesso filerà liscia. Un po’ perché per i politici oggi non c’è altro orizzonte che la sfida del Colle. Un po’ perché la manovra è fatta apposta per non scegliere, senza scontentare troppo nessun partito. In compenso rendendo furiose tutte le parti sociali: da Maurizio Landini al presidente di Confindustria Carlo Bonomi.