Paul Manafort, l’ex presidente della campagna elettorale di Donald Trump, è accusato di aver violato l’accordo fatto a settembre con il procuratore speciale Robert Mueller, con il quale si era impegnato a cooperare per le indagini sul Russiagate, in cambio di uno sconto di pena.

Manafort, anche dopo il patteggiamento, avrebbe ripetutamente mentito agli investigatori durante gli interrogatori con il team di Mueller e con l’Fbi. A rivelarlo è stato il New York Times, che ha citanto documenti depositati dallo staff di Mueller. L’ex collaboratore di Trump ad agosto era stato condannato per otto capi d’imputazione di frode finanziaria, derivati dalla sua attività di lobbista per l’ex presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovych che svolgeva negli Stati Uniti senza averne informato il dipartimento di Giustizia, e di questo, dopo aver raggiunto un accordo con Mueller, si era dichiarato colpevole. Ora un giudice Amy Berman Jackson dovrà stabilire se Manafort ha davvero mentito dopo il patteggiamento e in quel caso l’accordo con Mueller verrebbe annullato, Manafort non potrebbe ritirare la sua ammissione di colpevolezza e per lui potrebbe essere richiesta una pena ancora più severa. Al momento si parla di non meno di 10 anni di prigione per frode finanziaria e cospirazione per aver ostacolato la giustizia.

Fino ad ora tre ex collaboratori della campagna di Trump si sono dichiarati colpevoli di aver deviato le investigazioni federali – Michael Flynn, Rick Gates e George Papadopoulos – e anche l’avvocato olandese Alex van der Zwaan, che aveva rapporti d’affari con Manafort, si è dichiarato colpevole di aver mentito a Mueller.

Jerome Corsi, editorialista conservatore, ex collaboratore della campagna di Trump Roger Stone, ha riferito ai media che la squadra di Mueller starebbe facendo pressioni affinché Stone si dichiari colpevole per aver mentito riguardo alle sue comunicazioni con WikiLeaks. Gli investigatori di Mueller da tempo stanno cercando i collegamenti tra la campagna di Trump e WikiLeaks, che ha distribuito le email e i documenti che gli agenti russi avevano rubato dai computer democratici prima delle elezioni del 2016. Ora, stando al Guardian, il collegamento potrebbe essere proprio Manafort. Il giornale inglese ha infatti rivelato che Paul Manafort ha avuto dei colloqui segreti con Julian Assange all’interno dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, che ha visitato nel 2013, 2015 e nella primavera 2016, proprio quando era una figura chiave nella corsa di Trump verso la Casa Bianca.

Non è chiaro perché Manafort abbia voluto vedere Assange, ma l’ultimo incontro è probabile che venga sottoposto a controllo e che possa interessare molto Robert Mueller.