Il freddo è arrivato all’improvviso. «Fino alla settimana scorsa c’erano 10 gradi», racconta un terremotato di Tolentino (Macerata). Adesso la colonnina di mercurio è stabilmente sotto lo zero. È dicembre, che sull’Appennino faccia freddo e possa nevicare non dovrebbe stupire nessuno, eppure il terzo inverno dopo il terremoto porta con sé la solita dose di disagi e problemi ai confini della realtà e del tollerabile.

Negli ultimi giorni, in provincia di Macerata, almeno 5 mila persone sono rimaste senza corrente elettrica. A confermarlo ci ha pensato la stessa Enel, che in una nota non ha potuto che confermare l’alto numero di «utenze disalimentate». E le storie che arrivano dai paesi assomigliano in modo quasi inquietante a quelle raccolte l’anno scorso e anche due anni fa, quando almeno c’era la scusa dell’emergenza a giustificare il caos. Ma adesso?

«Cosa hanno fatto in questi mesi?», domanda un anziano mentre controlla lo stato di avanzamento del gelo sulla strada, ancora a Tolentino. In teoria, in effetti, almeno a leggere i comunicati istituzionali si sarebbe lavorato molto da queste parti, eppure è bastata la prima neve della stagione a mettere in crisi l’intero sistema di gestione del cratere.

TRA DOMENICA MATTINA e martedì, secondo i resoconti ufficiali, la corrente elettrica è mancata per 30 ore, e i problemi non hanno riguardato solo chi da queste parti ci vive, ma anche chi vi lavora. Agricoltori e allevatori, soprattutto. «Nelle stalle non hanno funzionato le celle frigorifere – spiegano da Coldiretti – e si è rischiato di perdere gran parte della produzione di latte e formaggi».

E si avvicina il Natale, con le vendite che in teoria dovrebbero alzarsi in maniera provvidenziale per una zona che il terremoto ha contribuito a deprimere economicamente. Per farcela gli allevatori sono tornati all’antica: le macchine non funzionavano e allora in molti hanno dovuto mungere a mano le mucche, le capre e le pecore, rifocillare gli altri animali e cercare di tenerli al caldo con i generatori a benzina.

LA NEVE, CADUTA COPIOSA negli ultimi giorni, ha causato il crollo di alcuni alberi e, pare, anche di un numero imprecisato di tralicci dell’alta tensione. L’Enel ha spedito i suoi tecnici per cercare di salvare il salvabile e ancora in queste ore si lavora senza sosta in tanti comuni. Sarnano, Matelica, Ripe San Ginesio e Castelraimondo sono i paesi più colpiti, ma tanti disagi vengono segnalati anche a San Severino, Tolentino, Colmurano e nei quartieri periferici di Macerata. In totale, si stima, le persone in difficoltà sono oltre 10 mila, ma nessuno è in grado di fornire un dato preciso. È difficile, molti vivono in case isolate, sostanzialmente irraggiungibili con questo tempo.

A SAN SEVERINO LA NEVE ha buttato giù il tendone che ospitava la parrocchia. «Non è servito nemmeno accendere i riscaldamenti interni per cercare di sciogliere il ghiaccio – racconta sconsolato don Luca Ferro, il parroco -, per fortuna la struttura è crollata in un momento in cui non c’era nessuno». Il futuro è un’incognita. Prosegue don Ferro: «L’era dei tendoni è finita, occorre inventarsi strategie nuove per andare avanti». Un ottimismo ammirevole, visto che due anni dopo il sisma la situazione è ancora d’emergenza, senza che nessuno – governo, regioni, protezione civile – sia riuscito a rendere la vita da queste parti quantomeno accettabile.

A sud, tra le province di Ascoli e Rieti, la situazione non è migliore: la neve è arrivata pure qui, e anche se i riscaldamenti delle casette provvisorie sembrerebbero funzionare, la vita di tutti i giorni è molto difficile. Amatrice è restata isolata per diverse ore mentre gli spalaneve liberavano il vialone d’ingresso all’incasato. Nelle Sae si tira avanti a malapena, ma con dignità. Quasi tutti spazzano la neve sul proprio vialetto e la catena della solidarietà, almeno quella, sembra ancora integra: i terremotati provano a darsi una mano a vicenda, come sempre del resto.

COME CI SI SCALDA? «Con le coperte e i maglioni», è la risposta mentre il sole cala e con lui le temperature. «Certo, qui nevica tutti gli anni, ma adesso è diverso», dicono in un bar sulla Statale 77 che dal maceratese arriva fino all’Umbria. Diverso come? «Non lo vedi?». Fuori, nel bianco della neve, i paesi non esistono più, anche le macerie sono state ricoperte. Al loro posto distese di casette tutte uguali, poche luci accese e la sensazione che nulla sia destinato a cambiare.