Si complica ancora il cammino della nuova legge elettorale proporzionale, fortemente voluta dal Pd di Nicola Zingaretti e parte dell’accordo di governo coi 5 stelle.

In attesa che il testo approdi in Aula alla Camera, forse il 28 settembre, ieri il primo firmatario della legge, il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (M5S) ha lanciato a sorpresa l’introduzione delle preferenze, che non fanno parte della sua bozza (che dovrebbe essere votata come testo base l’8 settembre in commissione) e che non convincono il Pd. «Volutamente il testo base a mia firma non affronta il tema», si giustifica Brescia. «Era negli accordi di maggioranza rimettere ogni decisione al dibattito in commissione». Ma «per noi devono essere i cittadini a scegliere chi mandare in Parlamento e non le segreterie di partito. L’abbiamo già detto nei primi incontri di maggioranza e torneremo a ripeterlo». La mossa lascia freddo il Pd: «È inutile discutere prima di temi come questo, quando dobbiamo ancora votare il testo base», la risposta di Stefano Ceccanti.

La mossa disturba anche Zingaretti, che in questi giorni si sta dedicando pancia a terra alla campagna per regionali e comunali. Proprio ieri da Venezia si è detto soddisfatto per aver «riaperto il cantiere delle riforme». E ha avvertito: «La mia leadership nel Pd non è assolutamente messa in discussione» (frase riportata dall’Ansa, poi smentita dallo staff del leader Pd).

Sulla legge elettorale però gli ostacoli si accumulano. «Pensare di fare una legge elettorale forzando su tempi e su contenuti non è una buona idea», attacca il presidente di Italia Viva Ettore Rosato, autore dell’attuale legge che prende il suo nome. «Pensare che uno giustifica la riforma della Costituzione con una riforma elettorale è semplicemente uno spot». «Manca un impegno comune su un disegno organico di riforma delle istituzioni», gli fa eco Marco Di Maio, che rappresenta i renziani in commissione. «Discussioni di questa portata sono incompatibili con l’idea di voler portare il testo in Aula il 28 settembre». Di Maio insiste: se volete il proporzionale servono anche la sfiducia costruttiva e il superamento del bicameralismo. E sfida gli alleati: «Serve un impegno politico formale su un disegno coerente di riforma delle istituzioni».

Una discussione che allontana dunque il varo della nuova legge elettorale, visto che Pd e M5S da soli non hanno i numeri. Sulle ferite della maggioranza sparge sale l’opposizione. «A questo punto è chiaro che il testo base che vogliono approvare ha il valore di una pagina bianca», attacca Riccardo Magi di +Europa. «E’ scandaloso che la sinistra e i 5 stelle ci vogliano riportare nel proporzionale, cioè un sistema che è una legge salva inciucio», l’accusa di Giorgia Meloni. «Il testo base è già carta straccia ed i 5 Stelle voteranno “a piacere”», attacca Mariastella Gelmini di Forza Italia.

Il ministro Pd Giuseppe Provenzano difende invece l’esigenza di una nuova legge elettorale che «va portata avanti con grande determinazione»: «Abbiamo l’esigenza di assicurare rappresentanza a tutti i territori. Non è un’esigenza del Pd, ma della democrazia italiana». Luigi Di Maio incalza il Pd chiedendo sostegno per il Sì al referendum sul taglio dei parlamentari: «Ora servono serietà e trasparenza». E ricorda come il taglio sia stato votato quasi all’unanimità: «Questa non è una riforma del M5S, ma di tutto il Paese». E Roberto Fico, dalla festa dell’Unità di Modena, spiega: «Con il taglio dei parlamentari serve un pacchetto completo di riforme, compresa la legge elettorale».