La Commissione UE, su stimolo della presidenza belga del Consiglio europeo, ha lanciato l’Alleanza europea dei porti e un partenariato pubblico-privato per “intensificare la lotta al traffico di droga e alla criminalità organizzata”. Il Belgio è particolarmente preoccupato del ruolo che il porto di Anversa svolge nell’importazione di cocaina dall’America latina e per il significativo aumento non solo della presenza di reti criminali ma di violenza che hanno interessato la città.

Non è una novità che organizzazioni criminali si infiltrino nei porti per consentire il passaggio di merci illegali né che tra queste vi siano anche sostanze stupefacenti; è, forse, una novità, che i porti vengono ritenuti luoghi su cui rafforzare le operazioni di controllo anche grazie a ingenti investimenti tecnologici. Perché? Perché una parte crescente dei porti europei non sono gestiti da compagnie europee, a partire dal Pireo di proprietà cinese – e anche per questo escluso dall’alleanza.

Secondo le istituzioni europee le reti criminali ricorrono alla violenza in modo estremo e sistematico, alla corruzione e all’intimidazione, solo nel 2022 sono state intercettate oltre 500 tonnellate di droghe, la metà della quali era cocaina.
L’alleanza mira a rafforzare la sicurezza in tutti i porti dell’UE investendo 200 milioni di euro per attrezzature che aiuteranno a scansionare i container e a controllare le importazioni in modo più efficiente; con operazioni di contrasto nei porti tramite una maggiore cooperazione tra gli Stati membri, la Commissione, Europol, Eurojust, la Procura europea (EPPO) e la Piattaforma multidisciplinare europea contro le minacce penali (EMPACT); e attraverso il partenariato pubblico-privato che coadiuverà le autorità portuali e le compagnie di navigazione nel proteggere la logistica, le informazioni, il personale e i processi di sdoganamento nei porti.

L’iniziativa fa parte della “tabella di marcia dell’Ue per combattere il traffico di droga e la criminalità organizzata” adottato dalla Commissione il 18 ottobre 2023 che, tra le altre cose, prevede incontri annuali a livello ministeriale per identificare le “sfide rimanenti, stabilire le priorità strategiche e scambiare informazioni sui progressi compiuti”.

L’ultimo rapporto del Centro per il monitoraggio delle droghe in Europa segnala che nel 2021 gli Stati membri hanno sequestrato 303 tonnellate di cocaina (record di confische) e che Belgio, Paesi Bassi e Spagna continuano a essere i paesi dove hanno luogo i maggiori sequestri, riflettendo l’importanza di questi paesi come punti di ingresso del traffico di cocaina verso l’Europa. Nel 2022 la quantità di cocaina sequestrata ad Anversa, il secondo porto marittimo più grande d’Europa, è salita a 110 tonnellate dalle 91 tonnellate del 2021, con volumi sequestrati in aumento ogni anno dal 2016.

Dopo la cannabis, la cocaina è la seconda sostanza illecita più utilizzata in Europa anche se i livelli e modelli di consumo differiscono notevolmente da paese a paese. La cocaina è solitamente disponibile in polvere mentre meno comune è il crack; entra in Europa attraverso vari canali ma il traffico di grandi volumi avviene attraverso i porti in container commerciali.

Le proposte dell’Alleanza dei porti, oltre a non tenere in considerazione, come al solito, il fatto che inasprire i controlli in una zona farà spostare il traffico attraverso altri luoghi, omette di ricordare che Belgio e Paesi Bassi sono due Stati membri che negli ultimi anni hanno avuto lunghi periodi, in cui a seguito di elezioni non si erano trovate coalizioni capaci di esprimere un governo. Un elemento che, quando si parla di decisioni sul “controllo delle droghe”, non dovrebbe esser trascurato vista le possibilità di risposte efficaci e “innovative” che la politica potrebbe offrire a certi fenomeni.