Dopo un anno di tensione nella penisola coreana, a seguito dei test missilistici e nucleari di Kim Jong-un e della reazione muscolare di Donald Trump, sono iniziati i giochi invernali in Corea del Sud, già soprannominati «le Olimpiadi della pace».

Dopo l’incontro del 9 gennaio scorso a Panmujom, le due Coree hanno raggiunto un accordo sportivo, basato sulla partecipazione del Nord ai giochi e sull’invio di una delegazione nord coreana al Sud con tanto di potentissima sorella del «brillante leader», quella Kim Yo-jong, trentenne e già responsabile dell’immagine del fratello, da poco ammessa nel gotha politico del Politburo del partito dei lavoratori.

È la prima volta in 68 anni che un membro della famiglia «regnante» supera quel confine, simbolo di una guerra mai conclusa con un trattato di pace, simbolo di una separazione che è ancora una ferita aperta per la popolazione coreana tutta.

Prima di parlare di svolta politica, però, sono necessarie alcune puntualizzazioni. A partire da uno sconfitto: Donald Trump. Dalle parti di Pechino, probabilmente, non credono ai propri occhi. Dopo i tweet e le minacce di guerra, Trump ha visto bene di punire Cina e Corea del Sud con dei dazi commerciali, proprio mentre i due paesi, al termine di un periodo burrascoso per le proprie relazioni commerciali, si stavano avvicinando.

La Corea del Nord e Trump dunque, anziché dividere, hanno paradossalmente messo sulla stessa barca Pechino e Seul. Complice il nuovo presidente sud coreano Moon Jae-in, i due paesi hanno lavorato a lungo per riaprire un canale di comunicazione tra Nord e Sud.

E ora l’arrivo della delegazione di Pyongyang ai giochi olimpici ha inferto un altro colpo a Trump: le sanzioni nei confronti di alcune personalità della Corea del Nord sono state momentaneamente sospese dall’Onu, su richiesta proprio di Seul.

È probabile inoltre che Moon Jae-in incontrerà la delegazione coreana e c’è da credere che in quel frangente non si parlerà di pattinatori e cheerleaders, bensì di politica e di probabili incontri di natura «militare» al termine delle Olimpiadi invernali. Un riavvicinamento alla faccia di Trump, l’unico che è parso fin da subito deluso dopo la riapertura dei contati tra Nord e Sud.

Ma del resto la politica Usa in Asia, come in altre parti del mondo, ha dimostrato una totale inaffidabilità, finendo per favorire e non poco la potenza cinese. Se infatti spostiamo lo sguardo dalla Corea del Nord al resto dell’area, a parte il Giappone, è in corso un generale riavvicinamento dei paesi asiatici a Pechino.

L’affossamento di Trump della Trans pacific partnership, l’accordo di libero mercato tra paesi asiatici voluto a tutti i costi da Obama e che escludeva dal «giro» proprio la Cina, ha posto molti paesi asiatici nelle condizioni di doversi riferire alla Cina come unico paese responsabile, nonostante la politica di Pechino sia da molto tempo considerata «preoccupante» nell’area (e lo dimostra la recente occupazione degli atolli delle isole contese nel mar cinese del sud da parte della Cina). In questo modo il presidente cinese Xi Jinping ha avuto gioco facile, non solo nella regione asiatica.

La postura globale della Cina, infatti, è ormai vista come qualcosa di assodato. La Cina è concepita come l’unico paese con una strategia e la «partita» coreana è solo un tassello della visione globale di Pechino, ormai lanciata verso la «nuova via della seta» che ha preso anche caratteristiche «polari», di recente.

La presenza della delegazione nord coreana in Corea del Sud, dunque, suggella questo passaggio storico, puntellando anche l’abilità, tutta razionale, altro che follia, di Kim Jong-un. Il leader nord coreano ha aperto a Moon Jae-in, ma non ha mancato di fare saltare cerimonie unitarie così come non ha voluto rinunciare alla parata militare proprio nel giorno che ha preceduto l’inaugurazione.

L’invio poi di una delegazione composta da un funzionario sottoposto a sanzioni, ha nuovamente forzato la situazione. Ma Moon Jae-in ha retto, ha accettato anche questa prova di forza: sa bene che in palio c’è molto di più di una pace vera nella penisola coreana. In palio c’è un futuro assetto asiatico con gli Stati uniti che stavolta devono rincorrere. Le carte infatti, da quelle parti, le smista Pechino e Moon Jae-in ne sembra pienamente cosciente.