Ribaltare il rapporto tra pubblico e privato nella sanità lombarda. È questo l’obiettivo del referendum proposto da un comitato promotore composto da sindacati e associazioni della società civile. Si tratta di tre quesiti che puntano a «smontare» alcuni punti chiave della riforma Maroni del 2009, modificata (ma non troppo) da Moratti durante l’emergenza pandemica. I referendum puntano a ritoccare gli articoli 2, 6 e 8 del Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità, che equiparano il ruolo del pubblico e del privato in materia di salute.

«I quesiti riguardano la equivalenza pubblico-privato e la estensione delle funzioni e dei servizi che il pubblico può delegare al privato rispettivamente da parte delle Ats e delle Ast» spiega il presidente di Medicina democratica Marco Caldiroli. «L’abrogazione di questi passaggi ha l’obiettivo di riportare al pubblico la funzione di programmazione, di controllo pieno della erogazione dei servizi a partire da quelli di prevenzione, garantendo universalità di accesso, gratuità e partecipazione».

Federica Trapletti, segretaria lombarda dello Spi-Cgil, aggiunge che il referendum «si inserisce nel percorso avviato quattro anni fa che ci ha visto presentare piattaforme, scioperare e mobilitarci insieme a migliaia di cittadini». Lo scoppio della pandemia, infatti, ha mostrato tutti i limiti della sanità lombarda, generando una mobilitazione diffusa culminata in piazza Duomo il 24 maggio per chiedere l’abrogazione del «modello Formigoni».

Nonostante le riforme, i grandi gruppi imprenditoriali controllano una parte consistente della sanità lombarda. Quasi il 30% della spesa sanitaria regionale è destinata alla sanità privata (contro una media nazionale del 22%), e la Lombardia è la prima regione in Italia per spesa sanitaria out-of-pocket, cioè interamente a carico dei cittadini. Per questo «è necessario ridurre i finanziamenti alle strutture private aumentandoli alle strutture pubbliche per evitare che, con l’avanzata del privato dentro il Servizio Sanitario Regionale, il cittadino sia privato dell’assistenza sanitaria» dice Vittorio Agnoletto, responsabile dell’Osservatorio Salute. «Se il pubblico finanzia il privato, deve poi controllarne l’operato». Sarà ora l’ufficio di presidenza del Consiglio regionale a pronunciarsi sull’ammissibilità dei quesiti.