Ottomilacinquecentosessantacinque morti. Il numero più alto da quando, dopo i due grandi naufragi davanti e vicino Lampedusa dell’ottobre 2013, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha lanciato il progetto Missing Migrants per contare le vittime delle frontiere che circondano gli Stati nazione. O almeno per provare a farlo.

Perché, ammette lo stesso organismo delle Nazioni unite, tante persone scompaiono nel nulla e non sempre è possibile raccogliere i dati. Avviene in luoghi lontani come il parco nazionale del Darién, a Panama, o davanti alle nostre coste, nel Mediterraneo, dove alcuni naufragi restano «invisibili». Lo scorso anno è successo soprattutto lungo la rotta tunisina, come denunciato più volte dal portavoce Oim Flavio Di Giacomo, battuta dalle «bare galleggianti»: piccole e instabili imbarcazioni che è facile scompaiano nel nulla.

I numeri riferiti dall’organizzazione si basano sulle morti confermate e vanno dunque presi come una base di partenza: le persone che ogni anno perdono la vita perché viene loro negata la libertà di movimento sono molte, molte di più. In totale, comunque, il Missing Migrants Project ne ha contate più di 63mila in dieci anni. Nel 2023 sono state il 20% in più rispetto all’anno precedente, quando si erano fermate a quota 7.141. In questa macabra classifica si colloca in seconda posizione il 2016, con 8.084 vittime.

«Il drammatico aumento di morti documentato dal nostro progetto sottolinea l’importanza di impegnarsi maggiormente per garantire una migrazione sicura per tutti, in modo che tra dieci anni le persone non debbano rischiare di morire in cerca di una vita migliore», dichiara Ugochi Daniels, vice direttrice generale Oim.

Complessivamente più della metà dei decessi registrati è per annegamento, il 9% dipende da incidenti stradali e il 7% da violenza. Nel 2023 si sono contati 1.866 morti in Africa, soprattutto nel Sahara e nell’Oceano Atlantico in direzione dell’arcipelago spagnolo delle Canarie, e 2.138 in Asia.

Il Mediterraneo si conferma la rotta più letale: complessivamente sono state 3.129 le vittime. Praticamente come nel 2017 e meno soltanto del 2016 (5.136) e del 2017 (4.055), ovvero il biennio del grande esodo causato dalla guerra in Siria. Lo scorso anno l’80% dei migranti che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mare Nostrum sono morti lungo la rotta centrale, quella che da Tunisia, Libia e, in misura minore, Algeria punta verso le coste italiane. In totale sono stati 2.500.

La vera emergenza di cui il governo Meloni, al pari di quelli precedenti, non si è voluto occupare.