Si è conclusa fortunatamente senza violenza la disperata avventura di quattro migranti che lo scorso dicembre, a Lagos, in Nigeria, erano riusciti a salire a bordo e a nascondersi sulla Grande Tema, una nave container da 71.500 tonnellate, del gruppo multinazionale Grimaldi e diretta a Londra. Sono stati arrestati dopo aver cercato di «dirottare» il natante.

I «PIRATI DEL TAMIGI», come già li chiama certa xenofoba stampa tabloid, erano stati scoperti dall’equipaggio – composto da 27 marinai fra italiani e filippini – cinque giorni fa e chiusi in una cabina. All’alba del 21, mentre il vascello era all’altezza di Margate, cittadina costiera dell’Essex, erano riusciti a liberarsi e uscirne e, impadronitisi di sbarre d’acciaio trovate a bordo, avrebbero cercato di costringere l’equipaggio a navigare il più ravvicinati possibile alla costa in modo da tuffarsi per cercare di raggiungere a nuoto la terraferma. Con la ciurma chiusasi dentro al ponte di comando, la nave ha cominciato a girare in tondo nei pressi del punto di attracco, il porto commerciale di Tilbury.

Dopo il fulmineo (mezz’ora) e cinematografico intervento delle forze speciali autorizzato da Theresa May – 25 uomini dello Special Boat Service, calatisi a bordo lungo delle funi dagli elicotteri che sovrastavano la nave poco dopo le undici di sera – i quattro sono stati consegnati alla polizia locale e arrestati secondo le disposizioni dell’Immigration Act.

NESSUNO È STATO FERITO e non ci sarebbero stati atti di violenza, nonostante la forte tensione. La polizia non ha voluto parlare né di dirottamento, né di pirateria, né di terrorismo. Il comandante avrebbe mantenuto il controllo della nave per tutta la durata dell’incidente.

La nave stava compiendo una tratta abituale di circa cinquemila chilometri da Lagos a Londra senza tappe intermedie e piena di automobili, furgoni e macchine movimento terra. Si presume che i migranti siano riusciti a introdursi sulla nave a Lagos, capitale della Nigeria e città più popolosa d’Africa. Il portavoce della Grimaldi Paul Kyprianou ha così descritto l’accaduto: «La nave proveniva dalla Nigeria diretta a Tilbury quando sono stati trovati quattro clandestini a bordo e messi in una cabina. Sono riusciti a uscirne e hanno cominciato a minacciare l’equipaggio, intimando al comandante di navigare molto vicino alla costa, una richiesta dovuta probabilmente alla volontà di saltare giù dalla nave a raggiungere a nuoto la costa britannica».

QUESTO TENTATIVO disperato di raggiungere una terra che si crede promessa sfidando l’acqua gelida del mare addirittura in canoa non è il primo di quest’inverno britannico. Il conto alla rovescia che porterà Brexit alle genti d’Europa e del mondo dal prossimo 29 marzo ha innescato una serie di tentativi acuitisi già dallo scorso novembre, quando almeno un centinaio di cittadini iraniani hanno cercato di attraversare la Manica in piccoli gommoni. All’alba del 23 novembre otto persone erano state tratte in salvo dalla guardia costiera dopo essersi aggrappate allo scafo rovesciato della loro barca. Avvistati dai passeggeri dei traghetti che ininterrottamente solcano le acque del canale, alcuni di loro erano ovviamente in stato di shock e a rischio di congelamento.

IL SALVATAGGIO è stato rocambolesco per l’alta pericolosità del tratto, tra i più affollati di navi del mondo. La maggioranza di iraniani fra i migranti che cercano di arrivare nel paese era proveniente dalla Serbia, Paese che ha offerto accesso non ristretto da visto agli iraniani dallo scorso agosto.
La regione costiera meridionale del Kent, fra le più compatte e determinate nel votare «Leave», va sempre più assumendo la connotazione di un luogo assediato. Mentre fervono i lavori di trasformazione di Dover in un colossale parcheggio per Tir in previsione di una sempre più temuta uscita «dura» dall’Ue il prossimo marzo, le pattuglie della guardia costiera vigilano le coste della fortezza Gran Bretagna.