Il 3 luglio ad Ankara ci sarà una “Grande marcia per la difesa” organizzata dagli avvocati turchi contro il progetto di riforma dell’ordine degli avvocati che prevede la possibilità di creare differenti ordini nelle città in cui siano registrati più di 5 mila avvocati. Secondo gli organizzatori questo ennesimo attacco al diritto di difesa, che mira alla divisione della categoria tramite la creazione di ordini fedeli al governo, si inserisce all’interno del clima repressivo vigente in Turchia nei confronti degli avvocati impegnati nella difesa di militanti politici e dei diritti dei lavoratori.

Abbiamo intervistato Didem Baydar Ünsal, membro dell’associazione degli avvocati progressisti (Çhd) e dell’Halkın Hukuk Bürosu (difensori, tra gli altri, dei membri del Grup Yorum) e moglie del collega Aytaç Ünsal, attualmente in sciopero della fame a oltranza nel carcere di Balıkesir. Entrambi sono stati coinvolti in un caso giudiziario iniziato nel 2017 quando 17 avvocati, tutti membri dell’Associazione degli avvocati progressisti (Çhd), sono stati arrestati con l’accusa di propaganda terrorista esclusivamente sulla base delle dichiarazioni di un testimone e delle visite fatte in carcere ai propri assistiti.

Il 3 febbraio 2020 otto avvocati, che sono attualmente ancora in carcere, hanno iniziato uno sciopero della fame, chiedendo processi equi sia per i loro clienti che per loro stessi. Mentre sei di loro hanno interrotto lo sciopero per motivi di salute, Ebru Timtik ed Aytaç Ünsal hanno deciso di trasformare il loro sciopero della fame in un digiuno ad oltranza il 5 aprile 2020.

I: Come mai Ebru ed Aytaç hanno maturato la difficile decisione di entrare in sciopero della fame a oltranza?

Nel processo, in cui abbiamo ricevuto una condanna complessiva a 159 anni, non c’è stato alcun elemento che potremmo definire legale. Perciò non aveva senso continuare a muoversi nel campo della legge e della legalità contro una forza che non rispettava alcuna legge o norma. Meglio seguire allora il principio della giustizia e della legittimità più che quello della legalità. In questo contesto, sono stati realizzati altri scioperi della fame, manifestazioni, presidi, appelli pubblici e conferenze stampa. Abbiamo fatto ogni tentativo, tramite video e comunicati, per informare i nostri colleghi e l’opinione pubblica, al fine di far attivare le autorità preposte. Ma ciò non è accaduto. Questa ingiustizia non è finita. A quel punto ci siamo ritrovati davanti ad un bivio: rinunciare alla nostra lotta e accettare questa ingiustizia, oppure aumentare la nostra resistenza, prendendo in considerazione anche le forme più estreme come lo sciopero della fame a oltranza.

I: La resistenza di Ebru ed Aytaç segue quella dei membri del Grup Yorum, diventata un simbolo internazionale. Le loro lotte si inseriscono all’interno della lunga storia di scioperi della fame che ha conosciuto la Turchia. Il nuovo utilizzo di questa pratica ha una relazione con il difficile momento che la Turchia attraversa dal punto di vista della repressione e dell’agibilità democratica?

D: Si, il martirio dei membri del Grup Yorum Helin Bölek e İbrahim Gökçek, morti digiunando per riuscire a esprimere liberamente la propria arte, così come la morte di Mustafa Koçak in seguito allo sciopero della fame per chiedere giustizia, hanno avuto una grossa risonanza a livello internazionale. Oggi tutto il mondo li ricorda e gli dedica canzoni. Helin, Ibrahim e Mustafa ormai sono conosciuti da milioni di persone che proteggono le loro lotte e la loro memoria. Con queste lotte ci hanno mostrato che il senso di giustizia è più forte della morte e hanno dato la forza a noi tutti, non solo ai popoli dell’Anatolia ma a quelli di tutto il mondo, di portare ancora avanti le loro battaglie. La scelta dello sciopero della fame ad oltranza è un atto di resistenza che prevede un sacrificio enorme. La ragione per cui viene scelto risiede nella portata degli attacchi repressivi: più sono forti, più la resistenza cresce. Se ci fosse la possibilità di effettuare azioni ancora più incisive e massive per rispondere alle ingiustizie subite sicuramente non si sceglierebbe di praticare lo sciopero della fame. Comunque lo sciopero della fame a oltranza è una forma di resistenza capace di sollevare le masse e smuovere le coscienze in un contesto in cui la popolazione è spaventata dalla repressione. Credo che questa strada sia scelta perché rappresenta l’ultima possibilità per riuscire a scuotere e mobilitare l’opposizione sociale e mostrare il peso dell’ingiustizia in tutta la sua brutalità.