Tre ore è durato il colloquio di ieri tra Valeria Valente e il pm della procura di Napoli, Stefania Buda. La parlamentare del Pd è stata sentita come persona informata dei fatti sulla «Listopoli» che coinvolge nove candidati a loro insaputa, inseriti nella lista civica Napoli Vale, espressione diretta di Valente candidata a sindaca alle scorse elezioni comunali.

«Ho risposto alle domande che mi sono state fatte – ha spiegato Valente all’uscita dal tribunale -. È nostro interesse accertare la verità quanto prima, massima fiducia nei pm. È il tempo del silenzio e del rispetto per il loro lavoro, non è il tempo di considerazione politiche».

La procura ha iscritto nel registro degli indagati il consigliere comunale Pd Salvatore Madonna (che sarà sentito lunedì) per il reato di violazione della legge elettorale: è stato lui, in qualità di pubblico ufficiale, ad autenticare le firme false in calce alle candidature di ignari cittadini. «Pur ritenendo di non aver commesso alcuna irregolarità – ha dichiarato Madonna – e in attesa che la mia posizione venga chiarita, mi autosospendo dal Partito Democratico». Nei giorni scorsi lo stesso Madonna ha spiegato di non ricordare cosa fosse successo nel caos della notte tra il 6 e il 7 maggio, ultimo giorno utile per consegnare le candidature.
I consiglieri comunali autosospesi dal Pd salgono così a due. Nel gruppo misto già siede Anna Ulleto: dallo scorso giugno è indagata con l’accusa di aver ottenuto voti da giovani elettori con la promessa di inserirli nel programma Garanzia Giovani. I dem restano in tre più la capogruppo Valeria Velente, che ha dichiarato di essere disposta a lasciare la guida della pattuglia solo se la richiesta arrivasse da Renzi.

Tra i nove inseriti senza consenso nella lista elettorale c’è una ragazza affetta dalla sindrome di down e un’insegnante nella cui domanda mancava del tutto la firma in calce alla candidatura. Tutti l’hanno scoperto quando la Corte di Appello ha chiesto la rendicontazione delle spese elettorali. Donatella Biondi, di professione avvocato, ha riconosciuto in Gennaro Mola, compagno di Valente, l’uomo che (dopo le sue richieste di spiegazione) le ha portato un formulario già compilato per dichiarare zero spese. Anche Mola sarà sentito dai pm, insieme ai responsabili del comitato elettorale.

Le segreterie dem provinciale e regionale minimizzano: «Non si tratta del Pd ma della civica di Valeria Valente». La candidatura della parlamentare in quota Giovani Turchi venne decisa a Roma e imposta a Napoli dal presidente del partito Matteo Orfini e da Matteo Renzi.

Nel patto tra le due correnti rientrava anche la candidatura di Roberto Giachetti nella Capitale. Così la prima responsabilità di una gestione che ha portato il Pd all’11% è del Nazareno. Una gestione che è proseguita, nel silenzio generale, con le immagini degli euro ai gazebo delle primarie, la lista del Pd incompleta per mancanza di candidati, l’alleanza con Ala di Denis Verdini, l’inchiesta Ulleto, fino alle intercettazioni in cui si legge di una Valente in cerca di sostegno da parte di Alfredo Romeo, oggetto di due inchieste a Napoli e Roma.

«Basta con gli annunci disattesi, i lanciafiamme e i commissariamenti mai arrivati – il commento di Marco Sarracino, segretario dei Giovani democratici di Napoli ed esponente della minoranza -. Il partito nazionale è complice di quello che è avvenuto, bisogna discuterne nella direzione nazionale del 13 febbraio. Roma ha scaricato il partito locale tanto tempo fa ma non è accettabile neppure il silenzio della maggioranza a Napoli. In quanto a Valente, non c’è nessun complotto ai suoi danni, come ha scritto. Quando dice che aspetta Renzi sembra Virginia Raggi che si appella a Beppe Grillo. Al suo posto mi sarei dimesso da consigliere dopo la batosta alle comunali».