Suonare il cratere per combattere l’abbandono. Tremila chilometri di strada, dieci mezzi d’epoca, cinquanta persone tra musicisti e tecnici: la Camerata Musicale del Gentile di Fabriano, guidata dal professore Fausto Patrassi, porta l’opera lirica nelle zone distrutte dal terremoto, per un’impresa che rappresenta qualcosa in più di tour.

È «Liricostruiamo», opera itinerante su camion giunta alla sua seconda edizione: l’anno scorso fu rappresentata la Traviata, mentre adesso è in preparazione «La Bohème» di Giacomo Puccini. Sempre rigorosamente on the road: gli interpreti principali, il coro, l’orchestra e il team arrivano in paese e si esibiscono senza chiedere i soldi del biglietto. Gli spettatori, dal canto loro, sono tenuti soltanto a portarsi una sedia.

«Qui c’è da ricostruire il morale oltre che i muri – spiega il maestro Lorenzo Sbaffi, che dirigerà l’ensamble nelle sei tappe che toccheranno tutte le regioni colpite dal sisma tra il 2016 e il 2017 -. Noi non siamo muratori, né architetti, né ingegneri, ma musicisti e quello che possiamo fare è suonare».

Si parte domenica 30 luglio da Fabriano, mentre il primo agosto la Bohème su camion farà tappa a Roma, nel giardino del complesso monumentale del Pio Sodalizio dei Piceni (piazza San Salvatore in Lauro, ore 20 e 30).
A seguire: il 3 agosto il tour farà tappa a Cantalice (Rieti), il 5 agosto a Sassoferrato (Ancona), il 6 agosto a Preci (Perugia), l’8 agosto ad Arquata del Tronto e il 9 agosto a Castelsantangelo sul Nera (Macerata).

L’itinerario, in sostanza, segue la faglia sismica, la lunga ferita al centro dell’Italia, laddove i riflettori si accendono soltanto a intermittenza ma dove un intero popolo prova a ripartire dopo i tremori, i crolli, l’esodo verso gli alberghi della costa. Decine di migliaia di donne e di uomini stretti tra un passato recente drammatico, un presente incerto e un futuro che si vede solo a tratti: gente che ha bisogno ancora di conforto, perché – e questo s’è sempre detto, sin dall’inizio – la botta più forte non è quella del terremoto, ma quella della vita che nonostante tutto prosegue.

«In questi due anni le comunità sono come esplose – racconta ancora Sbaffi -, noi vogliamo semplicemente provare a diffondere un sentimento di speranza e di rinascita attraverso la nostra musica. Poi, già l’anno scorso, ci siamo resi conto di una cosa: pensavamo di essere noi a dare qualcosa a queste persone, invece abbiamo ricevuto moltissimo da loro».

La ricostruzione delle comunità è la madre di tutti i problemi sorti con il terremoto: l’Appennino è una zona sismica da sempre, eppure, dopo ogni scossa, nei secoli, le persone sono sempre tornate ad abitarlo. Adesso la paura di non farcela è enorme, la gestione politica della faccenda ha mostrato lacune mostruose, e forse è arrivato il tempo di rendersi conto del fatto che non esistono soltanto le pratiche burocratiche, ma anche un orizzonte morale e culturale che, a conti fatti, è la vera pasta di cui sono fatti gli abitanti di queste montagne. Persone, non numeri stampati sulle relazioni dei tecnici. E la vita delle persone riguarda anche l’arte: un tetto per il cuore, in attesa che il governo e le Regioni comincino a ricostruire le case.

«La nostra idea di base è quella del circo – conclude Sbaffi -, il nostro è uno spettacolo itinerante che gira di piazza in piazza per portare emozioni alle persone. Noi siamo tutti volontari, abbiamo scelto di passare le nostre vacanze tra queste montagne insieme a questa gente».

Chi l’ha detto che l’opera lirica è un qualcosa di elitario? Non serve un teatro per mettere in scena l’esistenza spensierata dei giovani bohémien della Parigi del 1830. Anzi, le piazze dei paesi appaiono come il luogo migliore per farlo, nello spirito più autentico dell’opera di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirato dalle «Scene della vita di Bohème» di Henri Murger.

«Liricostruiamo» ha cominciato il suo percorso dal basso: un gruppo di musicisti spinti soltanto dal desiderio di fare qualcosa, senza chiedere il permesso ai soliti, finanziando il tutto grazie a un crowdfunding, al quale hanno partecipato decine di persone, e al Pio Sodalizio dei Piceni di Roma, che darà una mano soprattutto sul fronte organizzativo. Il resto nascerà strada facendo, nella migliore tradizione dell’arte di strada – in questo caso anche letteralmente -, perché l’obiettivo è vivere i paesi in cui passerà la carovana musicante. Le due prove aperte, andate in scena nei giorni scorsi a Fabriano, hanno visto tanti curiosi affacciarsi per dare un’occhiata e un’ascoltata all’opera: le prospettive per il tour, in questo senso, sono molto buone.

La Camerata Musicale del Gentile si rivolge a chi nel cratere ci vive, «Liricostruiamo» ha ben poco in comune con altre iniziative – anche sponsorizzatissime dalle istituzioni – che guardano più che altro ai turisti da portare in questi luoghi feriti, nella convinzione un po’ assurda che la rinascita sia legata a chi arriva, mangia un panino, si fa un selfie con le macerie alle spalle, assiste a un concerto e poi va via senza voltarsi. Il turismo, d’altra parte, è un’industria e come tale ha dei meccanismi che non vanno tanto per il sottile e che non possono perdere tempo a fermarsi e a pensare a come ricostruire il morale a terra degli abitanti dell’Appennino. Mancano i politici, meno male ci sono gli artisti.