Il parlamento europeo, quando tornerà a funzionare, tra le altre cose sarà chiamato a stabilire nuove regole per limitare il disastroso impatto non solo ambientale della produzione del tessile (la cosiddetta «fast fashion»).

Il report sui suoi impatti è appena stato aggiornato: ogni cittadino europeo per vestirsi ogni anno sfrutta un terreno pari a 400 metri quadri, consuma 9 metri cubi d’acqua e 391 chilogrammi di materie prime, la sua impronta climatica è pari a 270 chilogrammi di CO2.

Del resto è risaputo che per produrre una maglietta di cotone servono 2.700 litri di acqua e che il settore tessile rappresenta la terza fonte di degrado delle risorse idriche.

Il problema non è di facile soluzione, perché il settore per l’Europa significa un fatturato di 162 miliardi di euro e 1,5 milioni di lavoratori impiegati in 160 mil aziende (senza contare i prodotti importati). La Francia, per ora, sembra il paese più convinto a legiferare per limitare la produzione di «fast fashion».