«Se fosse già in vigore la norma bavaglio Costa, l’opinione pubblica non sarebbe oggi nelle condizioni di conoscere le ragioni dell’arresto di Tommaso Verdini e i fatti contestati». Così almeno sostengono in una nota i gruppi di Camera e Senato del Movimento Cinque Stelle. «Ci sono inchieste di rilevanza pubblica e politica che chiaramente faranno il loro corso nelle aule dei tribunali – si legge ancora -, ma che non possono essere nascoste ai cittadini che hanno il diritto costituzionale di essere informati».

Anche Debora Serracchiani, responsabile della giustizia della segreteria del Pd, è sulla stessa lunghezza d’onda: «veniamo a conoscenza di queste gravi vicende dal contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare, proprio quell’atto che, grazie all’emendamento bavaglio all’informazione di Costa e della maggioranza, non sarà più possibile apprendere come cittadini».

L’emendamento Costa, passato la settimana scorsa alla Camera e prima o poi atteso in Senato, vieterebbe la pubblicazione «integrale o parziale» delle ordinanze di arresto. Per la verità, al di là della dichiarazione d’intenti, come in concreto funzionerebbe questa norma è tutto da capire. Intanto però si parla diffusamente di bavaglio, nell’eterno cortocircuito tra media, politica e giustizia che non spiega mai niente né dei media, né della politica, né della giustizia. Intervistato sull’edizione online di Repubblica, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, fortemente critico con il divieto di pubblicazione delle ordinanze, tuttavia ammette che, almeno nel caso degli appalti Anas, probabilmente non sarebbe cambiato granché: «L’arresto e i suoi motivi certamente sarebbero conosciuti», dice rispondendo direttamente a una domanda sul bavaglio. Ad ogni buon conto, prosegue Santalucia, l’emendamento Costa, «impedirebbe, in casi come questo di particolare complessità, una conoscenza compiuta e corretta di ciò che è accaduto».

Il che forse è anche vero, ma la questione riguarda più che altro i giornalisti, non gli investigatori. Santalucia, peraltro, era il direttore dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia ai tempi di Andrea Orlando, cioè quando venne resa possibile la pubblicazione delle ordinanze. «Con la norma di Costa non sarebbe pubblicabile neanche per estratto il testo dell’ordinanza che applica a Verdini la misura cautelare degli arresti domiciliari – spiega Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale all’Università di Milano -. Si saprebbe meno dei fatti e quel che si saprebbe lo si conoscerebbe attraverso la sintesi dei giornalisti, sperando che sia corretta e completa».

Tullio Padovani, già ordinario di diritto penale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, spiega ancora: «Mi pare che la norma approvata vieti la pubblicazione integrale o per estratto: integrale, cioè tal quale; per estratto, cioè per parti o a brani isolati. Non è quindi vietato né il riassunto né la parafrasi, forme di trasformazioni del testo sul quale gli studenti della mia generazione venivano specificamente esercitati nelle scuole d’antan. Perciò qualunque accorto giornalista potrà raccontare per filo e per segno, in acconcia forma, l’intera vicenda. Di Verdini sapremmo, ritengo, quel che abbiamo saputo, e magari anche di più». Sull’emendamento Costain sé e per sé il parere di Padovani è quasi laconico: «La norma ha, secondo il mio modesto avviso, un carattere meramente, e tristemente, simbolico. La sua matrice paterna stupisce e addolora».