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L’impiccione/28. Gli ordini del presidente

L’impiccione/28. Gli ordini del presidente

8º GIORNO DALL’INIZIO DELLE UDIENZE PUBBLICHE SULL’IMPEACHMENT Gordon Sondland, ambasciatore Usa presso l’Ue, durante la sua udienza pubblica sull’impeachment ha reso una testimonianza esplosiva che marca uno spartiacque. Si è […]

Pubblicato quasi 5 anni fa

8º GIORNO DALL’INIZIO DELLE UDIENZE PUBBLICHE SULL’IMPEACHMENT

Gordon Sondland, ambasciatore Usa presso l’Ue, durante la sua udienza pubblica sull’impeachment ha reso una testimonianza esplosiva che marca uno spartiacque. Si è usciti dall’ambito delle illazioni plausibili: Sondland è il primo ad aver detto che c’è stata una richiesta di quid pro quo da parte di Donald Trump e che tutti nella sua amministrazione ne erano al corrente.

COSA HA DETTO SONDLAND

Già nella sua dichiarazione di apertura, Sondland ha coinvolto direttamente Trump e i principali membri dell’amministrazione, incluso il vicepresidente Mike Pence, il capo dello staff della Casa Bianca, Mick Mulvaney e il Segretario della Difesa Mike Pompeo, riguardo la campagna di pressione sull’Ucraina voluta da The Donald per danneggiare Joe Biden. La deposizione di Sondland è stata un fuoco di fila di accuse: sì, verso l’Ucraina c’è stata una richiesta di scambio di favori da parte di Trump al fine di agevolare la sua campagna elettorale, e sì lo sapevano tutti.

A dirigere la campagna di pressione sull’Ucraina era Trump in persona tramite il suo avvocato personale Rudy Giuliani con cui nessuno voleva avere a che fare, ma non c’era molta scelta, ha spiegato Sondland:.”Non volevamo lavorare con Giuliani ma giocavamo la mano che ci era stata data. Capivamo tutti che se avessimo rifiutato di lavorare con Giuliani, avremmo perso un’occasione molto importante. Quindi seguivamo gli ordini del presidente”

“Seguivamo gli ordini del presidente” è oggi il titolo della prima pagina del New York Times.

SONDLAND, UN UOMO ALLEGRO

Sondland per tutta l’udienza ha usato un linguaggio divertito mostrando un’allegria rilassata difficile da decodificare, visto che stava massacrando pezzo per pezzo l’amministrazione per cui lavora.

Le origini di questo frizzante buonumore sono difficili da capire. Sondland non è un diplomatico professionista, fino a un paio di anni fa il suo lavoro era nel mercato degli alberghi, e questo forse ha contribuito a fargli scegliere un codice comunicativo così bizzarro, da ristorante con gli amici.

Inoltre non è sempre stato un fan di Trump, ha fatto buon viso a cattivo gioco quando Trump è diventato il candidato ufficiale nel 2015, fino a donare $1 milione per la cerimonia di insediamento di The Donald. Ieri, però, era come se si fosse finalmente liberato da una catena.

I TRE AMIGOS

Sondland ha sempre parlato al plurale ripetendo come un mantra che “c’erano dentro tutti”.

Ha più volte citato e detto di essere “un orgoglioso membro” dei “tre amigos” che guidavano lo sforzo in Ucraina: lui, il segretario all’energia Rick Perry e l’inviato speciale Kurt Volker.

A ordinargli di lavorare con Giuliani sarebbe stato non solo Trump ma anche Pompeo che gli avrebbe inoltre detto di informare il presidente ucraino Zelensky di annunciare un’investigazione su Biden. Non era davvero importante aprirla, quanto annunciarla.

Questo smonta la linea di difesa repubblicana secondo la quale Trump avrebbe voluto che Kiev aprisse un’inchiesta su Biden perché preoccupato della corruzione in Ucraina. In realtà gli sarebbe bastato un annuncio a favore delle telecamere in modo da screditare Biden, suo principale avversario politico.

REAZIONI: SONDLAND CHI?

Il primo a distanziarsi da questa narrativa è stato Pence, attraverso una dichiarazione del capo del suo staff dove si nega che il vicepresidente abbia mai avuto conversazioni compromettenti con Sondland. Mentre Sondland continuava a dare la sua testimonianza anche Perry ha rilasciato una nota ufficiale dove ha smentito il suo ormai ex amico e Trump non è stato da meno.

Sondland ha avuto più di venti conversazioni telefoniche con Trump, il quale, invece, ieri ha sostenuto di conoscerlo a malapena. Trump ha poi letto degli appunti scritti a mano che sono stati fotografati da uno dei giornalisti presenti e pubblicati su Twitter diventando immediatamente virali.

Nelle note fotografate era riassunta, in stampatello, la linea di difesa di Trump, sostenuta veementemente a voce. Stando a quanto Trump ha dichiarato ieri, alla domanda diretta di Sondland su cosa volesse dall’Ucraina avrebbe risposto:”Niente, non voglio niente. No quid pro quo”. Questo per Trump è sufficiente a scagionarlo. Sono le stesse parole pronunciate durante una delle ultime telefonate con Sondland, avvenuta il giorno in cui il whistleblower aveva presentato il reclamo ufficiale alla Commissione di Intelligence.

Tutta questa dinamica di risposte oblique sembra confermare ciò che aveva detto di Trump il suo ex avvocato personale, Michael Cohen, ora in galera, il quale aveva spiegato durante la sua testimonianza al processo per uso illecito di fondi elettorali: “Trump non dice mai niente direttamente, parla solo in codice”.

UN BILANCIO DIFFICILE

La testimonianza di Sondland è stata così distruttiva che Ken Starr giornalista dell’emittente televisiva di destra Fox News in diretta tv ha dichiarato: “È finita. Ora sappiamo che il presidente ha effettivamente commesso corruzione. Penso che gli articoli di impeachment siano già redatti”. Arrivare a questo risultato non è stata una passeggiata, come il deputato democratico Sean Maloney ha fatto notare allo stesso Sondland, artefice di questo terremoto.

Sondland è la terza volta che si presenta davanti alla Commissione, fornendo di volta in volta deposizioni sempre più compromettenti per Trump. “Lei è stato molto schietto – ha detto Maloney – ma questo è il suo terzo tentativo, signore. Non ha funzionato così bene la prima volta, vero? Ora siamo qui per la terza volta. Quindi con tutto il dovuto rispetto, signore, apprezziamo il tuo candore, ma siamo davvero chiari su cosa ci è voluto per arrivare a questo punto. E con molti vuoti di memoria”.

I REPUBBLICANI NON SI SMUOVONO

Questo evidente terremoto sta mettendo alla prova il Gop che comunque continua, anche se con sempre maggiore difficoltà, a fare cerchio attorno a Trump. Adam Schiff, a capo del Comitato di Intelligence della Camera ha riassunto così la loro posizione: “I repubblicani sembrano avere l’impressione che, a meno che il presidente non abbia pronunciato le parole ‘Sto corrompendo l’Ucraina’, non vi siano prove di corruzione o cattiva condotta”.

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