7º GIORNO DALL’INIZIO DELLE UDIENZE PUBBLICHE SULL’IMPEACHMENT

Giornata campale ieri a Washington, scandita da 4 udienze pubbliche nell’arco di oltre 11 ore.

ALEXANDER VINDMAN, L’IMMIGRATO E PATRIOTA

Il tenente colonnello Alexander Vindman, massimo esperto ucraino del Consiglio di sicurezza nazionale, è arrivato a Capitol Hill in divisa, con tutte le medaglie appuntate.

È un veterano della guerra in Iraq dove è stato ferito guadagnandosi una delle medaglie e dei pezzi di ferro a una gamba. Nella dichiarazione di apertura, si è rivolto a suo padre, fuggito dall’Ucraina con la famiglia. “Hai preso la decisione giusta 40 anni fa venendo qui negli Stati Uniti d’America in cerca di una vita migliore per la nostra famiglia – ha detto il colonnello – Non ti preoccupare, tutto andrà bene dicendo la verità. Qui, la ragione ha un valore”.

Come nel caso dell’ex ambasciatore in Ucraina Marie Yovanovitch, anche Vindman è un americano naturalizzato, il cui amore per gli Stati Uniti sfiora la venerazione. Cresciuto nel culto del sogno americano, ha una fiducia totale nel sistema che difende anche dal suo attuale presidente.

Con la voce che ogni tanto gli tremava dall’emozione, Vindman non ha sbagliato una risposta o una parola, è stato il testimone perfetto, la rettitudine fatta teste, un personaggio da film di Frank Capra ma eroico. Quando il repubblicano Devin Nunes si è rivolto a lui chiamandolo “signor Vindman” l’ha corretto chiedendogli di riferirsi a lui come “tenente colonnello”.

Vindman ha ascoltato la telefonata di Trump al presidente dell’Ucraina e ha detto di credere che quella di Trump era da considerarsi “una richiesta” di aprire le indagini sui suoi rivali politici e che era “inappropriata” e “probabilmente con implicazioni significative” per la sicurezza nazionale. “Non riuscivo a credere a quello che stavo ascoltando”, ha detto Vindman.

JENNIFER WILLIAMS TIRA IN BALLO PENCE

Jennifer Williams, è la consulente sulla Russia del vicepresidente Pence, sebbene sia tecnicamente impiegata dal Dipartimento di Stato. Williams, come Vindman, è una testimone di prima mano avendo ascoltato la telefonata di Trump a Volodymyr Zelensky.

La consulente ha definito la telefonata “insolita” e preoccupante in quanto “motivata politicamente”. Per queste ragioni mentre ascoltava la telefonata Williams ha preso appunti di cui ha anche dato una copia a Pence.

Ieri ha raccontato di quando Trump ha chiesto al vicepresidente di non partecipare alla cerimonia di insediamento di Zelensky, un mese dopo aver inizialmente chiesto a Pence di recarsi a Kiev per l’evento. Nei giorni scorsi Trump ha attaccato Williams su Twitter accusandola di partigianeria nemmeno ben organizzata

KURT VOLKER CAMBIA TESTIMONIANZA

Volker è l’inviato speciale di Trump in Ucraina e un testimone che i repubblicani hanno voluto portare in aula per difendere il presidente, ma non è andata proprio come speravano. In questa testimonianza pubblica Volker ha cambiato la versione che aveva dato a porte chiuse, affermando che gli aiuti militari all’Ucraina in effetti erano legati all’apertura delle indagini, ma che ciò gli è stato chiaro solo dopo la sua precedente deposizione del 3 ottobre.

Volker non aveva nemmeno capito che quando Trump parlava di “investigare Burisna”, la società ucraina per cui lavorava Hunter Biden, implicava indagare sui Biden. Visto che questo ora gli è chiaro, nella sua dichiarazione di apertura, Volker ha definito l’ex vicepresidente Joe Biden, “un uomo d’onore” per cui ha “il più alto rispetto”, che le accuse relative al coinvolgimento di Biden con l’Ucraina durante l’amministrazione Obama, sono “teorie della cospirazione”, e che l’idea che Biden possa avere agito in modo corrotto non è “credibile”.

TIM MORRISON IL CAPO DI VINDMAN

Morrison è un ex alto funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale, anche lui come Volker è stato chiamato a testimoniare dai repubblicani e non è andata benissimo per il Gop.

Morrison ha riconosciuto che sia lui che Vindman, di cui era il capo, erano rimasti sconcertati dalla telefonata di Trump a Zelensky. e sia lui che Vindman, ha detto Morrison, speravano che Trump avrebbe trasmesso un messaggio di sostegno all’Ucraina, non la richiesta di “un favore”. Quando i democratici gli hanno chiesto se fosse inappropriato per il presidente chiedere a un governo straniero di indagare su un oppositore politico interno, Morrison ha risposto: “Non è ciò che avevamo raccomandato al presidente di discutere”.

CHI HA DIFESO TRUMP?

Di certo non sono stati i testimoni portati dal Gop. Gli alleati di Trump hanno usato la tecnica di sminuire i testimoni dei democratici specialmente Vindman, attaccandone la credibilità, suggerendo che facesse il doppio gioco. Questo attacco è avvenuto su più fronti: alla Camera, su Twitter e su tutti i media tradizionali conservatori che stavano coprendo l’evento, in modo da riscrivere tutta la vicenda. Trump è andato anche oltre: mentre Alexander Vindman era seduto a testimoniare, la Casa Bianca ha pubblicato sul suo account ufficiale di Twitter un messaggio denigratorio.

Jennifer Williams, aveva appena lasciato la stanza quando la Casa Bianca ha colpito anche lei con una nota dove si contestava la sua credibilità. I due testimoni sono stati definiti burocrati complottisti, traditori e, nel caso di Vindman, un immigrato dalla doppia lealtà. Anche per un presidente che raramente risparmia le cannonate retoriche, questo rappresenta un nuovo livello di bombardamento mediatico.

Le novità sono due: l’uso dell’account Twitter della Casa Bianca, quello pagato dai contribuenti, tutti i contribuenti di cui Trump dovrebbe essere presidente, e il fatto che sia Vindman che Williams sono tuttora parte dello staff della Casa Bianca dove dovranno tornare a lavoro.

“Questa Casa Bianca sembra cannibalizzare se stessa – ha affermato William Inboden, ex consigliere per la sicurezza nazionale di George W. Bush. – Questa è la prima volta nella storia che la Casa Bianca attacca apertamente il proprio personale e per aver semplicemente adempito ai propri doveri costituzionali”.