Dopo giorni di scontri, una fragile calma regna da ieri nella città di Sebha (sud della Libia). Ad annunciarla è stata Khaled Mahjoub, il portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl) guidato dal generale Khalifa Haftar: «Le forze del Governo di unità nazionale (Gnu) ci hanno consegnato il quartiere generale».

Secondo la versione dell’Enl, il comandante al-Jeddi delle forze del Gnu avrebbe «attaccato una serie di posizioni delle Forze armate» causando così il «necessario» intervento dei notabili e i saggi delle tribù di Sebha per la consegna delle armi e del quartiere generale.

La mediazione tra le parti avrebbe previsto anche il passaggio delle 116ma Brigata (agli ordini di Tripoli) alle forze dell’Eln così come l’estromissione di al-Jeddi dalla sua guida.

Mahjoub ha poi precisato che ieri non si è fatto ricorso alle armi a differenza di quanto accaduto nella notte tra il 13 e il 14 quando sono divampati violenti scontri a fuoco dopo un blitz delle forze governative nel quartiere generale dell’intelligence dell’Enl (il bilancio è stato di un morto e due feriti).

La conclusione delle tensioni di Sebha porta con sé un importante dato politico: umiliando il Gnu, l’Eln si prende di fatto la città cardine della regione meridionale del Fezzan.

Un’umiliazione ancora più amara perché fa il paio con quanto accaduto a Tripoli l’altro giorno quando alcuni gruppi armati hanno circondato le sedi del Consiglio presidenziale, del Governo di unità e del ministero della Difesa dopo l’annuncio della sostituzione del comandante del distretto militare locale Marwan con Mansour, uomo vicino alla 44ma Brigata, legata alla Turchia.

Il grande sconfitto di questi giorni è soprattutto il premier Daibaba che, nonostante sia dato per favorito alle elezioni del 24 dicembre, è apparso nuovamente irrilevante di fronte all’atto di forza delle milizie.

Perché chi vuole governare a Tripoli ha bisogno del sostegno delle varie brigate che popolano la Libia post-Gheddafi e non può accontentarsi delle strette di mano dei leader internazionali in summit dall’utilità pressoché nulla sul terreno. Ma necessita, e la vicenda di Sebha lo ricorda, anche di un nuovo accordo con la Cirenaica di Haftar, il generale dato troppo presto per sconfitto e i nuovamente all’offensiva.

Le ultime ore cariche di tensione anticipano di alcuni giorni l’ufficiale fallimento politico del Gnu, l’organismo sponsorizzato dalla comunità internazionale con l’obiettivo di condurre la Libia alle legislative e presidenziali del 24 dicembre.

Una data apparsa da tempo non realistica nonostante il «pieno sostegno» dei Paesi occidentali (l’ultimo è quello di ieri dell’ambasciata Usa in Libia) e per cui si aspetta ormai solo un rinvio ufficiale: alcune fonti parlano della nomina di un nuovo governo «tecnico» entro la prossima settimana da parte della Camera dei Rappresentanti di Tobruk (est Libia) con il compito di traghettare il Paese alle elezioni a fine gennaio o febbraio.