La firma ancora non c’è ma l’accordo preliminare sì: ad Abu Dhabi, martedì sera, il generale Haftar e il premier al-Sarraj hanno raggiunto un’intesa per la riconciliazione nazionale e per porre fine allo spezzettamento di autorità. Almeno di quella tra Tripoli, sede del governo di unità nazionale (Gna), e Tobruk, parlamento “ribelle”.

Tra i punti salienti – oltre alla previsione di elezioni presidenziali e parlamentari entro marzo 2018 e la creazione di un nuovo esecutivo congiunto – c’è la cancellazione dell’articolo 8 dell’accordo che nel dicembre 2015 diede vita al Gna di Tripoli: la guida dell’esercito, che assimilerà le milizie armate alleate delle due parti, e dei servizi servizi spetterà ad un Consiglio di presidenza a tre teste.

Haftar ha ottenuto quanto voleva: dentro quel consiglio, ci saranno tre membri, un rappresentante per Tripoli (al-Sarraj), uno per Tobruk (l’attuale premier ribelle Aguila Saleh) e Haftar stesso.

Una realtà non così rosea che rischia di far scivolare il paese verso un governo più militare che politico e che taglia fuori la società civile, i partiti, i comuni. Tutto avviene ai vertici, senza coinvolgere la base.

Di certo l’accordo è un compromesso tra due “debolezze”: quella di al-Sarraj, incapace dopo un anno e mezzo di ottenere consenso allargato; e quella di Haftar che da settimane subisce le pressioni di Egitto, Russia e Emirati Arabi perché acconsenta al dialogo.

Restano fuori altre autorità che nel tempo si sono radicate nel paese, a partire da quelle milizie di Misurata che prima hanno aderito al Gna e partecipato all’operazione su Sirte e poi se ne sono allontanate, destabilizzando ulteriormente la Tripolitania.

L’analista Mattia Toaldo prevede “una reazione molto negativa” da parte della città-stato, come spiega a Agenzia Nova. E poi ci sono le forze islamiste, nemiche giurate di Haftar.

Ieri, inoltre, alcune agenzie arabe hanno ripreso l’articolo del sito TomDispatch sulla creazione, risalente al 2014, di una base militare statunitense nel sud della Libia, nel deserto al confine con Niger, Ciad e Algeria.

Un luogo strategico: da lì passano le vie di contrabbando di armi e droghe, del transito di jihadisti e della tratta di esseri umani. Gli Usa, se confermato, in Libia ci sono ancora a dispetto di quanto detto dal presidente Trump lo scorso 21 aprile: “Non abbiamo alcun ruolo in Libia”.