Schedare i bambini, come nei romanzi distopici a grande tiratura. I bambini di sei anni. Prender loro addirittura le “impronte” degli occhi. Schedarli. E con loro, tutti quelli di qualsiasi età che provano ad entrare nella fortezza Europa. Per costruire un gigantesco database coi nomi, cognomi e “tratti” dei migranti – di tutti i migranti – che arrivano nel vecchio continente. Per controllarli. Uno per uno. Sempre e in ogni passo.

Un controllo di massa, rinunciando a tutte le leggi che pure l’Europa si è data. Leggi però che sembrano proteggere solo i “suoi” cittadini.

Farlo e fare tutto sotto silenzio. Invece è successo che una delle più serie e combattive associazioni per i diritti digitali – l’Edri – sia riuscita ad entrare in possesso del testo di riforma dell’Eurodac.

Che cos’è? E’ una sigla poco conosciuta e decisamente strana – significa: European Dactyloscopie – e all’inizio doveva essere la banca dati, in comune dei paesi Ue, dove conservare le impronte digitali dei richiedenti asilo. Solo dei richiedenti asilo.

E’ vecchia di quasi vent’anni, fu introdotta nel 2003 con un vincolo preciso: doveva servire esclusivamente a velocizzare le pratiche burocratiche e a stabilire a quale paese europeo destinare le domande di protezione. Ed evitare anche – così era scritto – che un migrante potesse presentare domande verso più paesi. Va detto che qualcuno – pochi in verità – già allora denunciò i possibili usi repressivi di quel database ma non ebbe molto ascolto.

Così, cinque anni fa sono cominciati i primi tentativi di cambiare la funzione originale dell’Eurodac. Tentativi, solo tentativi, perché i paesi non riuscirono a trovare un accordo. Questo, fino a poco tempo fa. Quando in trattative delle quali nessuno ha mai saputo nulla, governi e commissione hanno deciso di accelerare i tempi per cambiare natura all’Eurodac.

Ora manca solo un passaggio, la ratifica parlamentare del nuovo regolamento ma con l’accordo di tutti i governi sembra scontata.

E a quel punto, il vecchio continente si troverebbe con una delle norme peggiori nel mondo. La meno rispettosa, con la sanzione definitiva che i “migranti non possono godere dei diritti dei cittadini europei”. Il timbro ufficiale sul fatto che sono considerati di serie B, insomma.

Sì, perché chi arriva, da qualsiasi parte del mondo provenga, dovrà subire un controllo invasivo e totale. Umiliante. Compresi i bambini, appunto, dai sei anni in su. Che saranno schedati biometricamente, verrà catturata anche l’immagine del loro volto e dell’iride. Come gli altri migranti, tutti, che dovranno essere schedati e le loro schede raccolte in questo gigantesco database. Esattamente come si usa per i criminali ricercati.

Ed è proprio per questo che 31 organizzazioni per i diritti umani hanno scritto in questi giorni una lettera aperta all’’Europa. Lettera diversa dalle tante altre che circolano sui temi più disparati. Perché stavolta i firmatari insistono esplicitamente sulla denuncia “politica” – è proprio la parola che usano – più che sugli aspetti tecnici. Per spiegare che tutto questo è “ingiustificato, inammissibile”, che fa a pugni “con gli standard internazionali sui diritti umani”.

Una norma drammaticamente sbagliata, allora. Non solo perché un po’ tutto il mondo si sta interrogando sui limiti e sugli errori dei cosiddetti riconoscimenti facciali ed è assai strano che la nuova Eurodac sia varata proprio mentre le istituzioni europee hanno cominciato a discutere sui limiti per l’intelligenza artificiale. Ma qui siamo ancora ai dettagli.

Conta di più – e lo scrivono – che così l’Europa contraddice se stessa. Perché in base alle normative, le avanzatissime normative del vecchio continente, i dati personali possono essere raccolti da un’istituzione solo se sono scritti nero su bianco gli obiettivi del progetto.

Per capire: vuoi i miei dati sanitari? Devi scrivere che ti servono solo a contenere la pandemia e a questo limite devi attenerti. E l’Eurodac, all’inizio, prevedeva appunto solo il rilevamento delle impronte digitali al fine di sveltire le pratiche delle domande di asilo.

Cambiando gli obbiettivi dell’Eurodac – il controllo totale sui fenomeni migratori – la norma entra in contrasto col principio di “limitazione delle finalità”, per usare un’espressione burocratica. Se ci sono di mezzo i dati personali, insomma, non puoi solo aggiornare un provvedimento che era stato varato con ben altri scopi.

Di più. In Europa, i dati possono essere usati solo col consenso individuale. E a parte che prima di sedici anni quel consenso non si può dare e comunque non avrebbe valore di legge, va ricordato che nella prima stesura di questa “riforma”, si prevedeva nientemeno che l’obbligo di fornire i dati da parte dei migranti, ipotizzando sanzioni per chi si fosse rifiutato. Ovviamente ciò deve essere sembrato troppo anche agli estensori ed infatti nell’ultimissima versione questa imposizione non c’è più. Se non nei casi nei quali la polizia lo ritenga necessario.

E quindi, nella pratica tutti sanno che la rilevazione dei dati diventerà un obbligo di fatto. E già oggi le organizzazioni a difesa dei migranti denunciano che è una pratica diffusa. In Grecia, in Turchia, in Inghilterra.

Una rifugiata afghana in un centro per migranti olandese nel 2016, foto Ap

 

Ma poi, quei dati che fine faranno? Che uso si farà di quel data base che conterrà tutta la vita di chiunque superi una frontiera? Comprese le persone salvate in mare? Prima i dati dei soli richiedenti asilo venivano conservati per 18 mesi. Ora lo saranno di tutti per cinque anni.

Creando così una gigantesca “black list” delle persone migranti. Utilizzabile per qualsiasi obiettivo. Tanto più che saranno tolti alcuni limiti all’accesso al data base. Qualsiasi polizia europea, quindi, potrà andare a sbirciare fra gli elenchi.

E’ tutto? Ancora no. Perché su qualche nome – magari quello di chi, espulso, provasse a rientrare da un’altra frontiera – verrà aggiunta una “bandierina”, una spunta. Un segnale di pericolo, insomma. Che ovviamente segnerà la sua vita futura, le possibilità di restare, di trovare rifugio.

Il tutto accompagnato, lo si diceva anche questo, da un alone di mistero e segretezza che ha accompagnato la definizione della nuova Eurodac. Mai stato reso pubblico il testo, mai consultato chi davvero tutti i giorni si occupa delle condizioni di chi arriva in Europa.

Ce n’è abbastanza, insomma, perché le associazioni chiedano ai governi dei singoli paesi, alle istituzioni del vecchio continente uno scatto di dignità. Di fermarsi e di bloccare tutto.

Il pdf della lettera aperta qui

Un estremo tentativo. Lo firmano 31 associazioni. Quasi tutte a carattere internazionale, da AccessNow a Border Violence Monitoring Network, che hanno, certo, “sedi”, filiali e militanti nel nostro paese. Ma colpisce che fra i firmatari ci sia una sola organizzazione tutta italiana: la Hermes Center. La sola.