Nel giorno in cui l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha cambiato il nome al «Terremoto del centro Italia» (ora si chiama ufficialmente «Sequenza sismica di Amatrice, Norcia e Visso»), la Protezione Civile ha inviato a Bruxelles il fascicolo completo con la stima dei danni e dei costi già sostenuti causati dalle scosse che vanno avanti dal 24 agosto scorso tra Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Il conto finale riporta 23.5 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil del Paese, sette volte più di quanto chiesto dall’Unione Europea all’Italia per l’aggiustamento strutturale dei conti. Di questi, 12.9 miliardi riguardano gli edifici privati, 1.1 miliardi quelli pubblici e 2.5 miliardi per il patrimonio culturale.

L’obiettivo è quello di riuscire ad accedere al Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea, che però in tutta la sua storia ha investito finora 3.8 miliardi in favore di 24 paesi.

«Le spese che coprirà il Fondo di solidarietà sono quelle per la gestione dell’emergenza non per la ricostruzione per la quale ci saranno altre risorse, non è escluso il Fondo strutturale d’investimento europeo», ha spiegato il responsabile del Servizio relazioni internazionali della Protezione Civile, Luigi D’Angelo,ai microfoni di Tv2000.

La distanza tra l’entità del danno subito dall’Italia e quanto alla fine uscirà dalle casse comunitarie potrebbe comunque essere notevole, anche se nei giorni scorsi, durante una visita nelle zone colpite dal sisma, il Commissario europeo per la politica regionale Corinna Cretu aveva rassicurato sul fatto che «l’Ue sosterrà il processo di ricostruzione». Bruxelles non sembra intenzionata a fare sconti sulla prossima ventura manovra correttiva da 3.4 miliardi. Un provvedimento che certo non aiuterà a far arrivare nelle zone terremotate i soldi necessari per la messa in sicurezza del territorio e l’avvio della ricostruzione, mentre gli sfollati entrano nelle casette a ritmo lentissimo e il completamento dei villaggi provvisori non è previsto prima del prossimo autunno.

Già il 16 novembre scorso, comunque, l’Italia aveva presentato la sua richiesta di attivazione del Fondo di Solidarietà, fornendo una prima stima dei costi pari a poco più di sette miliardi di euro, con la riserva però di aggiornare la cifra, che si riferiva soltanto ai danni del 24 agosto, quelli tra Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. La Commissione europea aveva concesso in quel caso l’anticipo massimo sul contributo finanziario: 30 milioni di euro.

Il governo proverà a giocare con il bilancio, come già chiarito dai vari decreti emanati negli ultimi mesi: la ricostruzione verrà spalmata nel tempo (si parla di almeno un ventennio per riuscire a riportare il territorio alle condizioni in cui era fino alla notte del 24 agosto), un po’ si lavorerà fianco a fianco con le banche, utilizzando strumenti classici come il credito d’imposta. In fondo questo è il primo terremoto che viene interamente gestito in epoca di austerità economica e ogni mossa sarà necessariamente legata all’obbligo di mantenere degli equilibri di bilancio in linea con le direttive europee.

Durante l’apertura dell’anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti Arturo Martucci di Scarfizzi ha messo tutti quanti sull’altolà: «La prevenzione non è slegata dalla ricostruzione, perché non si tratta di cautelarsi contro eventi solo possibili, bensì di programmare una protezione contro gli effetti drammatici di eventi sismici con carattere di potenziale continuità». Quindi, «di questo aspetto non può non tenersi conto anche in sede europea per gli interventi finanziari messi in campo da governo e parlamento».

I numeri del disastro sono impietosi: su 43.853 edifici privati controllati il 49% è inagibile, su 2.184 scuole la cifra scende al 28%, mentre per gli edifici pubblici quelli fuori uso sono il 22%. Senza considerare i danni parziali. Poi c’è tutto il capitolo della rete viaria: 15.300 chilometri di strade, con gli interventi necessari per la messa in sicurezza che sono quasi 500, per un costo stimato di 389 milioni di euro. L’Anas ha stilato in proposito un piano di ripristino, che andrà a inserirsi in un più vasto programma di potenziamento delle infrastrutture. L’investimento stimato, in questo caso, è di oltre 1.7 miliardi di euro. Questo è il risultato di 55mila scosse in quasi sei mesi.