Si è a lungo discusso in Consiglio dei ministri sul provvedimento con il quale il governo vuol tornare alla procedibilità d’ufficio, dunque senza bisogno della querela della vittima, per una lunga lista di reati minori. Quando la settimana scorsa il ministro della giustizia Nordio si era deciso a intervenire, trascinato da racconti allarmistici sugli effetti della riforma Cartabia che ha inserito sette nuovi reati procedibili a querela nella lista dei sessanta già previsti da anni nel codice, non aveva indicato il veicolo legislativo, limitandosi a parlare di «intervento urgente». Tutti aspettavano allora un decreto legge, e invece giovedì sera il Consiglio dei ministri ha deciso per un più meditato disegno di legge. Con il quale la procedibilità di ufficio verrà estesa a tutti i reati oggi procedibili solo a querela – anche quelli non toccati dalla riforma Cartabia che dunque non è più individuata come il problema – quando sono aggravati dal metodo mafioso.

Il disegno di legge è stata una scelta quasi obbligata, visto che l’intervento non è sulla riforma appena entrata in vigore (peraltro già corretta con il “decreto rave”) ma su preesistenti articoli del codice penale. Impossibile quindi indicare i requisiti «di necessità e urgenza» obbligatori per i decreti legge, tanto più che non c’è alcuna emergenza scarcerazioni. Eppure il fatto che sia stato scelto il disegno di legge è stato vissuto come una sconfitta da chi spingeva per un intervento urgentissimo per rispondere alla presunta emergenza creata dalla riforma Cartabia, soprattutto dai ministri e sottosegretari di Fratelli d’Italia. Per questo Giorgia Meloni in quel Consiglio dei ministri ha preannunciato un incontro con il presidente della camera Lorenzo Fontana per discutere dei tempi di approvazione delle leggi. Cosa che ha fatto ieri, l’incontro è durato quasi due ore.

«Nel corso dell’incontro sono stati affrontati temi attinenti alla legislazione ordinaria e alla decretazione d’urgenza», ha informato una stringata nota. Meloni ha portato a Fontana l’impegno del governo a limitare i decreti legge – cosa che, abbiamo visto, in questo caso è stata una necessità e non una scelta. Del resto lei stessa dall’opposizione ha sempre protestato contro l’eccesso di decretazione d’urgenza. Anche se una volta al governo ha subito esordito decretando contro l’emergenza rave. Meloni ha chiesto in cambio una corsia preferenziale per i disegni di legge del governo, cosa che Fontana al di là degli impegni non può garantire. C’è sicuramente la possibilità di includere i provvedimenti del governo tra quelli urgenti, ma la previsione si ferma al calendario dei lavori, del resto già egemonizzato dalla maggioranza.

La procedura d’urgenza – per la quale il centrodestra, visti i numeri, dovrebbe passare sempre da un voto d’aula – si limita a sveltire i lavori di commissione e non può essere richiesta oltre un certo numero di provvedimenti. Anche il riferimento che è stato fatto nella riunione alla prossima riforma del regolamento della camera è poco risolutivo. Perché le modifiche di cui si sta parlando incidono solo sui tempi del voto di fiducia. Per tutto il resto servirebbero riforme costituzionali.