Dopo il crollo per il lockdown di marzo-aprile, l’economia Usa stenta a recuperare. Un’altra brutta tegola per Trump, che proprio sull’economia pensava di avere il suo vero asso nella manica per il voto di novembre.

Ieri il Dipartimento per il lavoro ha diffuso gli ultimi dati prima delle elezioni, che dunque fotografano lo stato del paese mentre i cittadini votano alle urne o per posta. E non sono buoni per il presidente.

A settembre sono stati creati 661mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione è aumentato di mezzo punto, arrivando al 7,9%. Ma il recupero dei 22 milioni di posti persi da marzo è ancora ben lontano: solo 11,4 milioni di persone sono tornate a lavorare e l’economia Usa, anche dopo le fughe in avanti estive su quarantena e mascherine, mostra il fiato con evidenti segni di rallentamento.

Per la prima volta da aprile, ad esempio, il numero di nuovi posti di lavoro è stato inferiore al milione. Per dare un’idea della frenata, a giugno erano +4,8 milioni.

Senza contare che i posti di lavoro creati non sono quasi mai davvero nuovi, ma semplicemente riassunzioni in fabbriche e negozi che lentamente riaprono.

Da punto di forza, dunque, l’economia potrebbe diventare il vero tallone d’Achille del presidente. I 4mila miliardi di dollari federali spesi per lo stimolo nei primi mesi della pandemia sono finiti a luglio, e gli effetti sembrano tutt’altro che duraturi.

Un sostenitore di Trump al comizio di Tulsa (Oklahoma) il 20 settembre scorso, Ap

L’economia è tornata ai livelli del 2011, l’epoca della grande crisi.

Nel settore pubblico, per esempio, la perdita di posti di lavoro è netta: -216mila posti federali a settembre, con ulteriori tagli previsti a livello statale e locale a causa dell’evaporazione dei soldi da Washington.

I settori più colpiti sono i servizi: cultura, turismo, ristorazione, trasporti, retail. Nel settore privato giganti come Disney, Goldman Sachs, Shell, Continental e United Airlines hanno già annunciato tagli a decine di migliaia di posti di lavoro.

Intanto almeno 26 milioni di americani ricevono vari sussidi di disoccupazione, 1 milione di persone a settimana fa domanda (oggi sono 300$ a settimana erogati dagli stati che possono permetterselo), ma molti altri milioni sono completamente scoperti: senza lavoro, senza assistenza sanitaria, senza cibo sufficiente, sempre più spesso anche senza auto o senza casa (più di un inquilino su 10 non è in regola con l’affitto).

A settembre 700mila persone hanno perfino smesso di cercarlo, un lavoro. E gli effetti sui consumi si vedranno nei prossimi mesi.

Biden in campagna elettorale in Pennsylvania il 30 settembre, Ap

La ripresina, infatti, beneficia di gran lunga i redditi più alti, amplificando disuguaglianze socio-economiche storicamente già allucinanti.

Secondo uno studio importante del Washington Post, i latino-americani sono quelli che hanno sofferto e stanno soffrendo di più per la crisi, i più lontani dai livelli pre-Covid (ed è un elettorato chiave per la presidenza). E mentre gli afroamericani hanno recuperato appena un terzo dei posti di lavoro persi, gli americani bianchi hanno già superato la metà.

Con precisione chirurgica, poi, i giovani e le donne (peggio ancora le madri single) hanno perso più salario e più posti di lavoro rispetto ad altre classi di età o ai maschi in generale.

In breve, il collasso economico causato dal Covid ha innescato la recessione con più disuguaglianze dell’ultimo secolo, abbattendosi come un tornado sulle classi più disagiate.

Oggi meno guadagni, più rischi di perdere il lavoro. Proprio come il coronavirus, anche la crisi economica si diffonde di più tra i più poveri.

Tutti ricordiamo i bancari milionari di Wall Street uscire dai grattacieli con gli scatoloni nel 2008- 2009, oggi invece a pagare di più sono quasi sempre i lavoratori meno istruiti (otto volte più colpiti di quelli a più alto salario, che in generale non fanno lavori manuali e possono lavorare da casa).

 

Nancy Pelosi (Dem) rende omaggio al Covid Memorial Project, Ap

Il Congresso non riesce ad accordarsi su un nuovo programma di aiuti. Lo stallo tra camera democratica e senato repubblicano dura ormai da agosto e di certo l’elezione a tappe forzate della giudice trumpiana alla Corte suprema non incoraggia lo spirito bipartisan.