Attuale leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni è stato segretario di Rifondazione in Puglia ormai vent’anni fa e dal 2010 assessore nelle giunte di Nichi Vendola. Dunque, conosce il territorio in cui arresti e indagini stanno colpendo la politica regionale. «Le inchieste si osservano e si rispettano – ci dice – Queste inchieste sono diverse tra loro, ma segnalano un problema: la vivacità di un mondo criminale che punta ai infiltrare la politica. Non è una novità, e la politica ha il dovere di combattere questi tentativi, di essere argine e parte attiva nella lotta alla criminalità, come ha come ha fatto in questi anni l’amministrazione De Caro».

Sembrava che le mafie avessero fatto un passo indietro da questo punto di vista…
Il fatto che ci sia stato anche attivismo della politica contro le infiltrazioni mafiose non autorizza ad abbassare la guardia. Anzi, deve spingere a un presidio più attento e a una pratica politica che ricacci indietro ciò che rende permeabili alla criminalità: il trasformismo e il cambio di casacca. Di questo occorre discutere. Ora se ne parla in Puglia, ma è un problema generale di cui occuparsi sempre.

Cosa ne pensa del modo in cui Giuseppe Conte giovedì scorso ha annunciato il ritiro dalle primarie?
Quando si assumono decisioni ognuno è libero di farlo, ma nell’ambito di una coalizione. In un contesto come questo bisognerebbe discuterne con gli alleati e le altre forze protagoniste della vicenda. Magari schierarsi per la sospensione delle primarie era anche una scelta opportuna, che in quanto tale toccava a Laforgia. Ma in questi passaggi un elemento comune di decisione sarebbe stato necessario.

Come se ne esce?
Nell’unico modo possibile, che peraltro sta nella storia di questi anni di riscatto della città. Se ne esce testardamente ricercando una soluzione unitaria. E mi rivolgo in particolare ai candidati, Vito Leccese e Michele Laforgia, perché si incontrino e trovino loro una soluzione. Loro sono sostenuti dalle forze politiche ma nessuno di loro è proprietà della forze politiche che li hanno sostenuti. Sono loro che si candidano, con le loro facce e le loro storie per svolgere questo lavoro complesso. Dunque è da loro che deve venire una risposta. Nulla c’è di peggio di una rottura che favorisca la destra. Io sono pronto in qualunque momento a sottoscrivere una proposta di soluzione. I due candidati devono farlo, per loro stessi e per i cittadini di Bari.

Alleanza Verdi Sinistra potrebbe svolgere un ruolo di cerniera, visto che Europa Verde sta con Leccese e Sinistra italiana con Laforgia.
Non sarebbe la prima volta che esercitiamo questo ruolo, io e Angelo Bonelli. Da mesi nella sua autonomia Avs si è distinta per il fatto di richiamare alla necessità non di un vago generico senso di responsabilità ma nell’invitare a farci tutte e tutti parti responsabili nella costruzione dell’alternativa alle destre. L’impressione più generale è che questo campo largo si incrini a ogni refolo di vento. C’è debolezza e immaturità. C’è assenza di codici di comportamento e di regole comuni. Ma dall’altra parte possiamo costruire elementi di riscatto come è avvenuto in Sardegna o di convergenza come avvenuto sul salario minimo e come spero accadrà sarà sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Ci sono tutte le possibilità di indicare una svolta. Si tratta di definire fino in fondo la necessità di farlo. È inevitabile sennò che ci si incarti.

Con la candidatura a capolista di Ignazio Marino alle europee provate ad allargare il perimetro?
È una candidatura di grande profilo. Prima ne avevamo annunciate due altrettanto importanti, quelle di Mimmo Lucano e Massimiliano Smeriglio. Marino sta nel profilo della nostra proposta politica: radicalmente pacifista, ambientalista, attento ai temi sociali e ai diritti civili. La sua candidatura che risponde alla vocazione di Avs: non siamo la riproposizione di qualcosa che c’è stato o una sommatoria di forze. Rappresentiamo un punto di vista autorevole, radicale nei contenuti e ambizioso sul merito. Perché è radicale la crisi che attraversiamo, ma non abbiamo paura di confrontarci con storie e linguaggi che non corrispondono all’album di famiglia delle nostre culture politiche. Da questo punto di vista puntiamo a crescere, sul piano dell’autorevolezza e della pluralità delle figure che abitano Avs.