La frattura si è consumata nel pomeriggio di ieri. Il pretesto – perché di questo plausibilmente si tratta – è l’intervista apparsa su Repubblica domenica scorsa in cui il leader del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) Maximilian Krah ha dichiarato che sui nazisti è sbagliato generalizzare: «Non dirò mai che una Ss era automaticamente un criminale». Parole che hanno portato allo strappo di Marine Le Pen, a cui si è unito Matteo Salvini, che si è affrettato a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda della leader di Rassemblement National.

«Posso confermare che abbiamo deciso di interrompere i rapporti e che non siederemo più con loro durante il prossimo mandato», aveva dichiarato al quotidiano francese Libération il capo della campagna elettorale del leader Rn in Europa Jordan Bardella. Interviene a stretto giro la Lega, alleata nello stesso gruppo Identità e democrazia (Id): «Come sempre, Matteo Salvini e Marine Le Pen sono perfettamente allineati e concordi». Su quello che succederà nell’immediato futuro, fonti della Lega all’Europarlamento confermano che lo scenario più plausibile, nel dopo elezioni, è quello di un’espulsione della componente AfD dal gruppo Id. In alternativa, il partito tedesco potrebbe anche abbandonare il raggruppamento di destra, in ogni caso per confluire nel gruppo dei «non iscritti». Comunque, confermano da Bruxelles, le strade sono destinate a separarsi.

D’altronde, i divorzi tra le famiglie politiche, nella storia parlamentare europea, accadono. Solo per ricordare il caso più recente, c’è quello tra Fidesz del premier ungherese Viktor Orbán e il Partito Popolare. Nel marzo 2021 i popolari decisero per una sospensione a tempo indeterminato degli ungheresi e il leader magiaro capì che doveva ritirarsi in buon ordine e i suoi eurodeputati confluirono nel gruppo dei non iscritti.

Al netto dell’intervista del leader AfD – il cui assistente è stato recente coinvolto in un presunto caso di spionaggio da parte della Cina, mentre lo stesso Krah è accusato di essere al soldo di Mosca – l’insofferenza verso il partito tedesco non è nuova. E anche dagli ambienti della Lega ora si fa notare il fastidio espresso a più riprese da esponenti del partito come Giancarlo Giorgetti, da sempre incline ad un dialogo con il Ppe. La cui componente principale, rappresentata dalla tedesca Cdu, è fermamente contraria ad ogni dialogo con l’estrema destra nazionale.

Va anche ricordato però che il co-leader AfD Tino Chrupalla era presente al grande raduno voluto da Salvini a Firenze lo scorso dicembre. Ma sei mesi di tempo, in politica, possono essere un’era geologica. Anche perché la principale alleata di Matteo Salvini a livello europeo, ovvero Marine Le Pen, che punta all’Eliseo, non ha mai fatto mistero di voler dialogare anche oltre i confini di un gruppo marginale come Id.

La convention spagnola organizzata da Vox a cui la leader di Rn ha partecipato aprendo le braccia a Giorgia Meloni («abbiamo punti in comune»), ha certificato uno scenario che prima sembrava poco plausibile: non tanto quello del passaggio del partito francese nel gruppo Ecr, guidato da Meloni insieme ai polacchi del Pis. Ma soprattutto quello di una convergenza, al di là degli schieramenti, per condizionare il futuro governo di Bruxelles.

La coincidenza temporale – raduno di Madrid e intervista a Krah – è interessante. E offre il pretesto per liberarsi dell’ingombrante alleato tedesco, ostacolo ad alleanze free style tutte da scrivere. Il conformarsi alla posizione francese da parte dell’alleato leghista è una spia significativa: Salvini non vuole trovarsi in un grande abbraccio con FdI in Europa, dato che fa di tutto per differenziarsi in Italia. Ma al tempo stesso, è costretto a seguire l’iniziativa di Le Pen. Che insieme Meloni fa politica. E conta: stando ai sondaggi, i due gruppi di destra, anche senza AfD, potrebbero rappresentare un terzo, se non secondo fronte, dopo Ppe e socialisti.