Quattro arresti e quattro indagati per tangenti e le tangenti non erano soltanto in denaro, ma in casette, quelle di legno tirate su nell’emergenza, cioè nel periodo immediatamente successivo alla devastazione della città, avvenuta quasi cinque anni fa, il 6 aprile 2009.

A L’Aquila, l’ennesimo scandalo post terremoto fa scattare ancora manette e denunce. E stavolta, di mezzo, c’è anche il Comune, travolto dalle bustarelle. E ci sono attuali ed ex assessori e funzionari pubblici ritenuti, dalla Procura, responsabili, insieme a imprenditori e tecnici, di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica, appropriazione indebita su appalti legati alla ricostruzione.

Una ricostruzione che stenta a decollare ma che sta facendo emergere, a livello giudiziario, un calderone di sordidi affari.

In riferimento a quest’ultima vicenda i pm, nella richiesta di custodia cautelare, evidenziano che «gli indagati hanno dimostrato di non essere soltanto cedevoli a ‘tangenti’ per bramosia di denaro ‘una tantum’. Essi – scrivono – hanno rivelato una dedizione costante ad attività predatorie in danno della collettività, arrivando a suggerire i metodi corruttivi, a costruire società ad hoc, a rappresentare realtà fittizie, anche in momenti (il post sisma) in cui il dramma sociale e umano avrebbe suggerito onestà e trasparenza».

Per ciò sono stati arrestati Pierluigi Tancredi, 60 anni, attuale dirigente dell’Asl 1, più volte assessore, di Forza Italia, della giunta di centrodestra negli anni duemila e all’epoca dei fatti contestati consigliere comunale del Pdl e delegato – per sole 48 ore – per il Recupero e la salvaguardia dei beni costituenti il patrimonio artistico della città; Vladimiro Placidi, 57 anni, assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali, nonché direttore del Consorzio dei beni culturali della Provincia dell’Aquila; Daniela Sibilla, 38 anni, dipendente del Consorzio beni culturali e già collaboratrice di Tancredi durante i suoi mandati di assessore, e Pasqualino Macera, 56 anni, all’epoca funzionario responsabile Centro-Italia della Mercatone Uno Spa.

Nei guai poi, perché inquisiti, il vice sindaco, di centrosinistra, del Comune dell’Aquila Roberto Riga, con delega proprio alla Ricostruzione; Mario Di Gregorio, 45 anni, direttore del settore Ricostruzione pubblica e patrimonio del Comune, all’epoca dei fatti funzionario responsabile dell’ufficio Ricostruzione; Fabrizio Menestò, 65 anni, ingegnere di Perugia, all’epoca direttore e progettista dei lavori per le opere provvisionali di messa in sicurezza di palazzo Carli; un imprenditore di una ditta aggiudicataria di diversi appalti che, messo alle strette, ha deciso di collaborare.

L’inchiesta, denominata «Do ut des», ha preso inizio nel novembre del 2012 e fotografa l’esistenza di un sistema di corruzione oliato e reati compiuti dal settembre 2009, cioè a pochi mesi dal dramma, al luglio 2011. Essa si fonda per la maggior parte su intercettazioni ambientali e telefoniche ed è stata condotta in particolare dagli uomini della squadra mobile di Maurilio Grasso, figlio del presidente del Senato, Pietro Grasso. Essa parte dai puntellamenti, in questo caso eseguiti a Palazzo Carli, sede del Rettorato dell’Università, nel centro storico.

Puntellamenti e messa in sicurezza degli edifici, ossia una colata d’oro per tante ditte. Un affare da 250 milioni, nel periodo peggiore dell’Aquila, quando la gestione era nelle mani della Protezione civile di Guido Bertolaso. Gli atti descrivono minuziosamente come avveniva il passaggio di denaro e la manipolazione delle carte, quali erano le percentuali percepite per ogni intervento aggiudicato.

Il 22 ottobre 2009 fu persino creata una srl, la Da.Ma. Consulting, di Tancredi, per giustificare versamenti di denaro e incamerare i proventi illeciti. «Le somme promesse – viene fatto presente dagli inquirenti – erano pari a 7.200 euro mensili per una durata di 12 mesi, oltre a percentuali su ogni singolo lavoro procurato, variabili in relazione all’importo dei lavori». Tancredi, un po’ politico, un po’ faccendiere, deus ex machina della situazione. «Anche in virtù del suo ruolo politico pubblico si è posto nel dopo-sisma, – spiega il gip Romano Gargarella nell’ordinanza d’arresto – come collettore di compensi di imprese in cambio di agevolazioni per il conferimento di lavori». E sarebbe stato proprio lui a chiedere e ad ottenere, attraverso la Da.Ma., anche cinque Map – i Moduli abitativi provvisori dove sono stati sistemati sfollati e disperati dopo la tragedia – del valore di 40 mila euro l’uno. Casette che poi, secondo l’accusa, avrebbe provveduto in parte a rivendere.

L’entità delle tangenti contestate è complessivamente di 500 mila euro, mentre è stata accertata l’appropriazione indebita, attraverso la contraffazione della documentazione contabile della somma di 1 milione 268 mila euro, per il pagamento di alcuni lavori.

Un colpo per la città, indignata. Inviperita. Il Comune sottosopra: negli uffici anche perquisizioni di polizia e finanzieri. Riga (Api) si è dichiarato «estraneo ai fatti» ma nel frattempo si è dimesso. «Confido che si faccia chiarezza il prima possibile. Sono sereno», ha puntualizzato.

«Sto malissimo, mi sento tradito, perché ho sempre raccomandato a tutti la massima trasparenza e il rispetto della legge»: è stato, invece, il primo commento del sindaco de L’Aquila Massimo Cialente che ha convocato una riunione della giunta comunale «per cercare di capire, analizzare fatti, ed assumere le decisioni conseguenti».

C’è ora chi, come «L’Aquila che vogliamo», chiede l’azzeramento dell’amministrazione civica e il commissariamento.

Errata Corrige

In data 12 gennaio 2024 il testo dell’articolo è stato modificato per il rispetto del diritto all’oblio di uno dei soggetti interessati.