Il mio personale abbraccio e quello di tutta la Fiom per l’improvvisa e tristissima scomparsa di Valentino, con la quale viene a mancare non solo un grandissimo giornalista ma una voce critica e di stimolo per tutta la sinistra.
Maurizio Landini

Ho appreso con profonda tristezza la notizia della scomparsa del dott. Valentino Parlato e desidero esprimere, anche a nome degli altri membri del Direttorio della Banca d’Italia, le più sentite condoglianze.
Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia

Massimo Moratti ricorda con stima e simpatia, tra una sigaretta e l’altra, il genio di Valentino.
Massimo Moratti

Quando conobbi Valentino avevo da poco compiuto vent’anni, erano i miei primi giorni al manifesto. Per trent’anni abbiamo condiviso quella anomalia che lui ha contribuito a tenere in vita nonostante tutto. Di lui ho moltissimi ricordi, da quando mi disse, anzi mi impose di dargli del tu a quel giorno, il 22 dicembre 2000, in cui ci incontrammo nell’androne di via Tomacelli 146, dove avevamo la nostra sede storica. Stavamo per salire in ascensore insieme ma decidemmo di non farlo, io volevo andare a salutare gli amici della agenzia viaggi e lui in libreria, di cui eravamo allora i «padroni». Giusto in tempo, perché un paio di minuti dopo sentimmo un boato: una bomba era scoppiata davanti alla porta di ingresso della redazione, al terzo piano, e i due ascensori implosero ma per fortuna senza noi dentro.

E poi lo ricordo ad aprile 1991, per la festa dei vent’anni del giornale, all’Alpheus. Ero sul palco con Stefano Crippa e la band in cui suonavamo e ancora suoniamo, i Fading Memories, e Valentino ballava un lento sotto di noi, esterrefatti, perché mai avremmo pensato di fare musica «ballabile».

E ancora, alla festa dei suoi 70 anni. Questa volta al Big Mama, io e Stefano fummo invitati a suonare qualche pezzo, chitarra acustica e voci, prima del concerto di Roberto Ciotti.

E ovviamente lo ricordo nelle innumerevoli, lunghissime riunioni e assemblee, dove si poteva anche essere in disaccordo. Valentino, così come Luigi Pintor, è stato un punto fermo per trent’anni della mia vita, e resterà per sempre tale perché è a lui che devo la mia carriera giornalistica, fu lui a firmare la richiesta di praticantato per un ragazzo – beh, ormai tanto ragazzo non lo ero già più – che faceva il videoimpaginatore, il poligrafico, ma che amava la musica e quella magnifica anomalia che Valentino e i suoi compagni «eretici» avevano battezzato il manifesto.

Ciao Valentino!
Roberto Peciola 

Cara Luciana, cari/e compagni/e, ho appena finito di leggere tutti gli articoli dedicati a Parlato. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, eppure qualcosa che sento assolutamente personale mi lega a lui. La sua determinazione nel salvare il giornale dalle tante crisi economiche ha permesso a me, lettore appassionato del manifesto da quando ero ginnasiale, la straordinaria esperienza di poter scrivere, varcati i trent’anni, per questo giornale.

Di poter fare, cioè, l’esperienza più appassionante che ho fatto finora. Sono certo che nella «nuova generazione» di collaboratori siano in molti a nutrire il mio stesso sentimento di infinita gratitudine per Valentino, pur non avendolo conosciuto direttamente. Un sentimento che trasferisco a voi, per lui. Vi abbraccio tutte e tutti con immenso affetto.
Jacopo Rosatelli

Care compagne e cari compagni del manifesto, la scomparsa di Valentino mi ha colpito profondamente e cerco di esprimere la ragione. Mi ha sempre affascinato la passione per la politica insieme al disincanto. La sua ironia rappresentava la cifra dell’intelligenza e della cultura. Le volte che l’ho incontrato nella sede del suo giornale, ero sorpreso dal saluto che non era mai di circostanza, ma curioso di conoscere un punto di vista, magari diverso.

Sono stato molto felice quando la sua firma è riapparsa sul manifesto. Saremmo tutti più poveri se non avessimo potuto leggere il suo ricordo in memoria di Alfredo Reichlin intitolato magicamente «Ragazzi, partigiani, compagni felici in mezzo al popolo». E che dire della autentica perla che chiudeva il suo ultimo articolo: «Alla fine un qualche Carlo Marx arriverà»? E’ incredibile, Valentino Parlato se ne è andato lasciandoci sorpresi per la morte improvvisa. Una vita non banale che obbliga a non mollare.
Franco Corleone garante detenuti della Regione Toscana

Ciao cari, Mannaggia Mannaggia Mannaggia, che brutto colpo. Per Valentino: Grazie Valentino, il più bel viaggio in treno, Roma-Milano, che abbia mai fatto. Con te. Un vero gentil uomo.
Michela Gesualdo

Se ripenso agli anni della Rivista del Manifesto non riesco a collocarti lì, nella nostra redazione… sì, di passaggio, alle riunioni per il nuovo numero, ma così, al volo, come se ti fosse impossibile fermarti, come se non rientrasse nelle opzioni possibili. Ti vedo sempre in movimento, con la voglia di dare retta a tutti, pronto a discutere sì, ecco, questo sì, poteva essere un ottimo motivo per fermarti: possibili idee stimolanti, un altro punto di vista, una provocazione. L’Altro, in sostanza, e sopra tutto.

Un grande abbraccio Vale, che oggi si sta traducendo col portarmi dietro il giornale come Linus la coperta. Come se in questo modo potessi non lasciarti andare. E un abbraccio a Delfina, ai tuoi figli, e ai nostri compagni della Rivista.
Anna Maria Bruni

Ciao Valentino, tra tutti (e sono stati tanti, e appassionati) quello che ha più amato il manifesto. Gli volevi bene come a un figlio, incondizionatamente e sopra ogni cosa. Tra i tanti episodi che potrei citare, ricordo quando andammo insieme ad un’iniziativa di finanziamento a bologna: treno, dibattito, pranzo, dibattito, treno… e arrivati a roma alle 7 di sera mi guardi e fai: «Va be’ andiamo al giornale dai!».
Sara Menafra

Conservo nella mia libreria di casa una vecchia rivista un po’ mortificata dal tempo. È il primo numero del manifesto, primo giugno 1969. Ero un ragazzo dei cortei, imparai chi fossero quelli del Manifesto e perché erano stati espulsi dal PCI. Non avrei mai immaginato che quindici anni dopo mi sarei ritrovato a scrivere sul loro giornale. Anche questo devo a Valentino, che ogni tanto incontravo in redazione e a Monti, sigaretta in bocca, passo lento, un saluto garbato e qualche chiacchiera. Oggi sono andato a cercare quel primo numero, l’ho sfogliato. Che dire?

Tristezza, non potrebbe essere altrimenti. Ma anche la certezza che Valentino se n’è andato portandosi dietro la storia di una vita bella e generosa.
Stasera bevo un bicchiere di vino insieme a te. Ciao, Vale.
Luciano Del Sette

Se ne va con Valentino un pezzo importante di storia del nostro paese, della sinistra e -perché no -della vita di tante e tanti di noi . Mi (ci)mancheranno il suo impegno politico e professionale , la sua coerenza , la sua cultura , la sua ironia , la sua amicizia … Ma penso che la morte non cancelli vite ben spese e relazioni significative , che restano vive nella memoria individuale e collettiva. Un abbraccio forte a Delfina, ai figli, al Manifesto di ieri e di oggi.
Adriana Buffardi

Carissime/i, ho saputo di Valentino Parlato. Ho avuto modo di parlarci solo una volta e ne ho un bel ricordo. Mi spiace.
Massimo Congiu 

Lo so che è tardi, ma con affetto mi va di ricordare Valentino così, un uomo che ho molto stimato e «sfiorato» in poche rare occasioni. Mi va di ricordarlo con le parole di Italo Svevo: «Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima». Un abbraccio, compagni!
Angelo Ferracuti 

Ciao Vale, un ultimo saluto ad un amico. Un amico, un direttore, una persona su cui si poteva contare, sempre. Una grande umanità, una straordinaria gentilezza ma allo stesso tempo schietto e sincero. Ci hanno legato i nostri principi, le nostre lotte insieme e anche un obiettivo comune: il manifesto. Con te, Vale, porti via un pezzo del mio cuore, mi mancherai.
Maurizio Ferrini

Profondo e aperto, rigoroso e lieve, fedele alla sua storia e disponibile all’ ascolto verso le diversità, Valentino resta per me un modello irrinunciabile di militanza culturale e politica. Il suo sorriso ironico ci accompagnerà sempre nel labirinto di questi tempi mai così confusi e impervi.
Marco Revelli

Stazione di San Benedetto del Tronto, ore 6 di un mattino di 20 e passa anni fa. Salgo sul treno espresso, impastato di sonno, direzione Università di Bologna.
Appoggio il manifesto fresco di stampa sul sedile e sistemo lo zaino in alto, lo scompartimento è vuoto. Passa subito il controllore che, vedendo il mio biglietto, mi fa: «Ha sbagliato, questa è la prima classe, si sposti in seconda». Poi, indicando il giornale sul sedile: «Quello è suo o stava già lì?». Io, con orgoglio: «E’ mio, perché?», e lui, facendomi cenno di sedere: «Stia pure, stia pure!». Grazie Valentino, grazie dei tanti sogni che mi hai regalato.
Andrea Flaiani Ascoli Piceno

Politico, giornalista, comunista. È certamente «anomala», cioè straordinaria, la storia di Valentino Parlato, che ci ha lasciato il 2 maggio, a 86 anni. Comunista per tutta la vita. E mai pentito. Tra i fondatori del Manifesto, di cui fu quattro volte direttore (fino al 2010, quando lasciò il testimone a Norma Rangeri, tuttora in carica), Valentino Parlato ha iniziato la sua militanza in Libia, a Tripoli, dove era nato (7 febbraio 1931). E proprio perché comunista, nel 1951 dalla Libia viene espulso e in seguito si trasferisce a Roma.

Redattore dell’Unità e di Rinascita, funzionario di partito ad Agrigento, membro del Comitato Centrale, stretto collaboratore di Giorgio Amendola; nel giugno 1969, con Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Aldo Natoli, Luigi Pintor, fonda Il Manifesto.

Fortemente e apertamente critico nei confronti del Pci, colpevole ai suoi occhi di non condannare l’intervento sovietico in Cecoslovacchia, nel novembre dello stesso anno viene radiato dal partito.
Per gli anni che seguiranno, quasi mezzo secolo, lui continuerà a combattere, comunista eretico e fedele. Per sempre. Il suo ultimo impegno è stato nella battaglia referendaria per la difesa della Costituzione, aderendo fin da subito, fin dalla prima uscita pubblica nel gennaio del 2016, al Comitato per il No. «La rivoluzione non russa», è il titolo del suo libro uscito nel 2012 sui grandi quaranta anni di vita del manifesto; ma nell’ultima recentissima intervista si dichiara «sgomento davanti a questa sinistra che non riconosce più se stessa nemmeno allo specchio». E tuttavia nell’ultimo editoriale, scritto sul Manifesto pochi giorni prima della scomparsa, scrive: «Non possiamo non tener conto di quel che nel mondo sta cambiando; dobbiamo studiarlo e sforzarci di capire, sarà un lungo lavoro e non mancheranno gli errori, ma alla fine un qualche Carlo Marx arriverà».
L’Associazione Futura Umanità

Lo conobbi qui a Napoli, al Vomero, venne in Sezione invitato dalla Sinistra Giovanile. Bravissimo e pure molto simpatico. Giornalista e Compagno doc, con la schiena dritta. Non è da tutti.
Franco Tàmbaro

Ho conosciuto negli anni ’90, una persona perbene, e coerente. Mi distanziava tutto il suo credo politico, ho sempre apprezzato coerenza e intelligenza oltreché onesta.
Guido Stompanato già Vice Segretario Provinciale di Napoli del C.D.U.

Al Compagno Valentino anche in memoria di mio fratello Stefano, un altro giornalista che non c’è più.
Massimo Poscia

Luminoso incontro della mia giovinezza e della passione politica, giocoso e sornione adescatore in intimità profonde e mai solenni, la tua scanzonata ironia di saggio e pur sempre vitale testimone della ineluttabilità della mancanza e della perdita, non mi mancherà: mi è indimenticabile. Ciao Valentino!
Anna Pintus 

Un abbraccio a Valentina, Matteo, alla famiglia e a tutta la redazione del manifesto. Ricordo il sorriso di Valentino Parlato, intellettuale lucido e indipendente, contrario a ogni dogmatismo, grande giornalista in un’epoca in cui questo mestiere aveva ancora un ruolo di rilievo nella società e nella cultura. Ho mosso i miei primi passi in via Tomacelli nel 1994, da collaboratore alle prime armi, e nella redazione del manifesto alla vigilia del primo governo Berlusconi, all’epoca era direttore Luigi Pintor, ho trovato una casa accogliente, piena di energia e professionalità, tanti colleghi più esperti di me e tanti amici.
Emanuele Coen 

Ciao Valentino, anche a nome di mio fratello Claudio Mazzoli, che fu tra i fondatori del manifesto e che tanto ti ha voluto bene ed al quale tanto ne volevi. Grazie per tutto quello che nella tua umiltà e nella tua coerenza hai saputo insegnarci. Ciao compagno Valentino.
«Patrizietta»

Care compagne, cari compagni della redazione, venuti a sapere della scomparsa di Valentino desideriamo stringerci a voi nel più sincero abbraccio. Con Valentino erano molte le cose che ci dividevano, ma ad unirci era la sua coerenza di compagno che non è mai venuta meno.

Questa a nostro giudizio supera di gran lunga qualunque divergenza rendendoci fratelli nel percorso comune alla ricerca dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Un fraterno abbraccio.
I p38punk 

Ho appreso poc’anzi la triste notizia della scomparsa dell’indimenticabile Valentino Parlato. In omaggio alla sua memoria, ho appena rinnovato l’abbonamento annuale al manifesto. Addio caro compagno. Che la terra ti sia lieve.
Mirko De Berardinis Teramo