Andrea Saccucci, avvocato, docente universitario, tra i maggiori esperti di diritti umani, controversie transnazionali, estradizione e mandato di arresto europeo, ha visto le immagini di Ilaria Salis che entra incanata in aula di tribunale a Budapest?
Certo. Una cosa del genere si configura in maniera piuttosto chiara come violazione degli standard minimi di tutela della dignità umana stabiliti sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo sia dal diritto dell’Unione europea. Per quanto riguarda la Cedu l’articolo 3 sancisce il divieto di trattamenti inumani e degradanti. A questo proposito la corte di Strasburgo ha già detto più volte che non si può mostrare un imputato in manette in pubblico, tanto meno incatenato, salvo motivi particolari. Lo stesso concetto è stato ribadito nel 2016 dalla direttiva sulla presunzione d’innocenza, che all’articolo 5 stabilisce che l’imputato non può essere presentato come colpevole in tribunale o in pubblico attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica: manette, catene, gabbie…
A voler essere onesti, però, dobbiamo dire che neanche l’Italia è del tutto estranea a questo tipo di situazioni.
È vero, l’Italia non ne è estranea, ma bisogna aggiungere che qui sono stati fatti dei passi avanti. Altri paesi, evidentemente, su questo punto sono ancora indietro. Scene come quella di Ilaria Salis a Budapest ci riportano indietro di quarant’anni.
Non trova assurdo che il tribunale di Budapest, pur sapendo della presenza di cronisti e telecamere in aula, abbia mostrato Ilaria Salis in questo modo?
Qui c’è un fattore aggravante costituito dalla consapevole esposizione mediatica dell’imputato in catene. Così facendo, l’autorità si comporta in modo da creare in lui e nell’opinione pubblica un senso di umiliazione e angoscia. È anche questo in netto contrasto con le leggi europee.
L’avvocato ungherese di Ilaria Salis ha detto a questo giornale che in Ungheria è normale che gli imputati vadano in aula incatenati.
Be’, è così anche in Turchia o in Russia, ma la Corte europea è molto chiara nel dichiarare queste cose inaccettabili. Mi porrei casomai un altro problema…
Quale?
Gli avvocati ungheresi dovrebbero domandarsi come far valere questo principio europeo nel loro paese. Magari presentando istanze alle autorità penitenziarie e poi impugnandole quando vengono respinte. Ma siamo nel campo delle ipotesi.
Le autorità europee però non possono ordinare nulla all’Ungheria.
No, ordinare no. È chiaro però che ci si può rivolgere a loro per la violazione della dignità umana. Questo caso mi pare lampante.
Per quello che riguarda invece la possibilità per Ilaria Salis di scontare la custodia cautelare in Italia, cosa dicono le norme europee?
Ci sono due regimi diversi. C’è il trasferimento a seguito di una sentenza con pena che preveda la privazione della libertà, ma non è il caso di Ilaria Salis. Poi c’è una decisione quadro del 2009 che concerne il reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare e che in effetti consente alla persona di scontare queste misure nel proprio paese. Ma purtroppo neanche questo caso riguarda Ilaria Salis: lei è in carcere, per usufruire di questa possibilità dovrebbe prima ottenere l’applicazione di una misura alternativa alla detenzione cautelare in carcere, come l’obbligo di residenza in un luogo determinato o di firma.