Matrioske in nero e fucsia mobilitate in tutta Italia per lo sciopero globale. Ieri, a Roma e nel Lazio, tre le iniziative di avvicinamento all’8 marzo, giornata dell’astensione globale da ogni attività produttiva e riproduttiva indetta dal movimento Non una di meno. Le matrioske si sono fatte sentire davanti all’ospedale Grassi di Ostia, al Policlinico di Tor Vergata e al Policlinico Umberto I. Tre momenti coordinati per evidenziare il nesso tra salute, lavoro, autodeterminazione femminile e formazione di genere. Con l’hashtag #saluteliberatutte.

«ACQUALUCE deve riaprire. Zingaretti, che aspetti?» hanno gridato le donne davanti al Grassi di Ostia. Un’iniziativa contro la violenza ostetrica. «Questa era l’unica casa di maternità pubblica, è stata unaugurata l’8 marzo del 2009, ma è rimasta chiusa – spiega al manifesto Mirta, di Freedom-Non una di meno -. Nonostante gli impegni presi dai presidenti della Regione Lazio, prima Polverini poi Zingaretti, non sono mai state assunte ostetriche. In tutta evidenza, il diritto alla salute è garantito dal diritto al lavoro. Abbiamo organizzato un piccolo corteo interno, ricevendo l’appoggio degli operatori. Le donne devono poter scegliere il parto in casa maternità, assistito da ostetriche. Le principali evidenze scientifiche dicono sia una scelta sicura che produce migliori risultati di salute per la donna e per la persona che nasce». Tantopiù che la sentenza Ternovsky della Corte europea dei diritti umani, del 2011, «impone agli Stati membri di garantire la libertà di scelta delle donne rispetto al luogo del parto».

PUNTI rivendicati dal Tavolo Salute e Autodeterminazione, uno degli 8 discussi dal movimento in due grosse assemblee nazionali. Il nesso salute-lavoro è emerso anche dall’iniziativa che si è svolta davanti al Policlinico di Tor Vergata, «con una duplice richiesta – spiega Simona -: l’apertura di un reparto di ginecologia e maternità, e l’assunzione di solo personale laico negli ospedali pubblici. Questo garantisce sia i diritti che il lavoro per tante persone formate che però sono disoccupate o precarizzate dalla sanità nazionale e regionale. La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne».

AL POLICLINICO Umberto I, le donne della rete Io decido – lavoratrici e studentesse della Sapienza – hanno distribuito volantini e sono state ricevute dal Direttore generale. «È inconcepibile – spiega Ambra, di Io decido – che in una università come La Sapienza non vi siano sportelli antiviolenza e consultori autogestiti. E che a Roma vi sia una percentuale sempre più alta di obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche. Al Policlinico Umberto I, la questione principale è il Repartino che funziona al minimo per mancanza di personale non obiettore. E conserva una parziale attività solo per la protesta degli scorsi anni agita dalla rete Io Decido».

LE STUDENTESSE hanno organizzato la settimana «Sui generis», lezioni universitarie autogestite che sono state riprese anche dai ragazzi, presenti ieri all’iniziativa con i cartelli per il pieno accesso alla Ru486 e all’aborto libero, sicuro e gratuito. Lezioni «su concetti base dello sciopero dall’attività riproduttiva, che non significa l’astensione dal sesso, ma dal lavoro di cura, da quello domestico».

DALLA GRAN BRETAGNA, Payday/ Refusing to Kill – una «rete internazionale multirazziale di uomini etero e queer, compresi i trans, che lavora con lo Sciopero globale delle donne» – ha invitato gli uomini ad appoggiare lo sciopero dell’8 marzo, le campagne e la resistenza delle donne. Intanto, i paesi che aderiscono, dai cinque continenti, sono già 48. Dalla Colombia, hanno comunicato la propria partecipazione anche le guerrigliere delle Farc, impegnate in un difficile processo di smobilitazione. Insieme in tutto il mondo – dicono – «per costruire alternative all’attuale crisi capitalistica coloniale, che approfondisce le violenze patriarcali evidenziati dagli tassi di femminicidi in America latina e nel mondo, dalle espulsioni forzate, dalle guerre, dalle morti per gli aborti insicuri, dalla subordinazione e discriminazione delle donne nella partecipazione politica».

ANCHE le donne curde hanno inviato un comunicato di adesione intitolato «Facciamo del Ventunesimo Secolo il Secolo della Liberazione delle Donne» e firmato Jin Jiyan Azadî – Donne Vita Libertà. «Il nostro secolo – scrivono – può diventare il secolo nel quale la liberazione delle donne si realizza. Il sistema mondiale patriarcale e capitalistico attraversa una profonda crisi strutturale. Dobbiamo sfruttare queste storiche opportunità». Scrivono le femministe dal Venezuela: «Di fronte all’attacco patriarcale e neoconservatore nella regione e nel mondo, il movimento delle donne indica un’alternativa globale per tutti i popoli».

SECONDO dati del Censis e dell’Ocse, l’Italia è la peggio piazzata in Europa per superare le differenze di genere. Gli uomini italiani dedicano in media solo 100 minuti al giorno per aiutare le donne nei lavori domestici: appena un po’ di più dei turchi, dei portoghesi e dei messicani… Le donne percepiscono salari inferiori agli uomini sia nel settore privato (meno 19,6%) che nel pubblico (meno 3,7%). Nel 2016, l’Italia è risultata all’ultimo posto in Europa per occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni (prima la Svezia e ultima la Grecia). Per assolvere ai loro molteplici compiti, le donne accettano più degli uomini il part time involontario (60,3%, italia terza dopo Grecia e Cipro).

NON UNA DI MENO ha come obiettivo quello di stendere un Piano femminista nazionale contro la violenza di genere che abbracci tutti temi che la sottendono ed eviti «ogni intervento di tipo repressivo ed emergenziale». Scioperiamo – dicono – «per un reddito di autodeterminazione, per resistere al ricatto della precarietà, per un salario minimo europeo, perché nessuna donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case in cambio di sotto-salari e assenza di tutele». Libere di scegliere, pronte a reagire. È la consegna per l’8 marzo alle 10 presso la Regione Lazio, a Garbatella. In piazza per la Salute, l’Autodeterminazione e il Lavoro. Poi, alle 17, tutte al corteo al Colosseo.