Le opposizioni di centrosinistra annunciano «barricate», decine di sit-in sono stati organizzati in tutta Italia dal comitato No autonomia, da Trieste e a Trapani passando per Roma (dalle 16 a piazza del Pantheon). Oggi pomeriggio arriva nell’aula del Senato il contestato disegno di legge sull’autonomia differenziata, ultimo cavallo di battaglia di una Lega sempre più in difficoltà.

PD, M5S E ROSSOVERDI hanno pronte le pregiudiziali di costituzionalità che saranno votate per prime. Poi toccherà agli emendamenti: 336 in totale di cui 153 del Pd, 121 del M5S, 50 del gruppo Misto (che comprende rossoverdi e Azione), 8 di Italia viva e uno dal gruppo delle Autonomie. L’obiettivo della maggioranza è chiudere l’esame del Senato entro questa settimana, ma non è scontato. Conterà anche il vertice del centrodestra con Calderoli previsto per oggi alle 14: l’obiettivo è serrare le fila a poche ore dall’inizio delle votazioni.

Lega e Fi non hanno presentato emendamenti, Fdi una manciata: uno di questi chiede di «estendere le risorse volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni». Di fatto, la richiesta è che siano previste più risorse per l’attuazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) anche per le regioni che non chiederanno l’autonomia.

SULLO SFONDO IL TIMORE, fondato, che alla fine siano le regioni del sud a essere penalizzate dalla riforma leghista. Non a caso il governatore Zaia del Veneto (una delle due regioni, insieme alla Lombardia, dove nel 2017 ci furono i referendum per l’autonomia) definisce quella di oggi una «giornata storica» e sottolinea la «perfetta coerenza del progetto con la Carta costituzionale». Tema assai controverso, in realtà.

Nel testo di pregiudiziale di Sinistra e Verdi si legge che l’autonomia contrasta con gli articoli 1 e 3 della Carta, laddove si parla di una repubblica «una e indivisibile» e si affida allo Stato il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona». Anche Pd e M5S non hanno dubbi sul fatto che al riforma «consentirà alle regioni più ricche di trattenere più poteri e risorse per garantire i loro cittadini», a scapito delle aree più deboli.

«Vengono previsti dei livelli essenziali di prestazioni, ma non c’è un soldo per garantire quei diritti», spiega il responsabile sud del Pd Marco Sarracino. «Questa riforma è l’ultimo tassello di un disegno delle destre per colpire il sud: prima l’abolizione del reddito di cittadinanza, poi il no al salario minimo, il taglio del fondo perequativo per le infrastrutture e dei fondi del Pnrr», attacca ancora Sarracino. «Si legittima l’idea che in Italia ci siano cittadini di serie a e B, si punta ad aumentare le diseguaglianze».

IERI FRANCESCO BOCCIA ha riunito i senatori dem per spronarli alla battaglia: «Faremo di tutto per fermarli e sosterremo anche le mobilitazioni nel paese. Non c’è un centesimo per finanziare questa riforma che colpirà le aree più deboli in settori come sanità, trasporto locale, scuola, assistenza alle persone». Sulla stessa linea anche Alessandra Maiorino del M5S: «L’autonomia trasformerà le differenze che oggi ci sono in un baratro definitivo, col nuovo patto di stabilità e i tagli che produrrà sarà impossibile ogni perequazione, i Lep sono solo specchietti per le allodole».

NEL SUD SI MOBILITANO oltre 100 sindaci, quasi tutti di partiti progressisti, dalla Puglia alla Calabria alla Basilicata (dove sono in campo 60 sindaci su un totale di 131): manifesteranno davanti alle prefetture. «Con il regionalismo spinto – scrivono – ci sarà un peggioramento delle condizioni dei municipi del Sud. Per questo chiediamo a tutti i senatori eletti nei nostri collegi di far sentire forte la loro voce di dissenso, in difesa della loro terra».

In campo anche i sindacati. Nicola Ricci della Cgil Campania svela il bluff: «Se passa l’Autonomia, il gettito fiscale rimarrà per il 90-95% nelle regioni dove è stato prodotto. La Lobnardia si terrà 60 miliardi su 70.», Lo scrittore Maurizio De Giovanni accusa: «Sarà come una Brexit del sud Italia». Maiorino e De Cristofaro di Si non vedono grandi margini in Parlamento. «Non vedo fessure per spaccare la maggioranza», dice lei. E lui ricorda: «L’unica consolazione è che oggi le opposizioni sono unite: non siamo più soli come nel 2001, quando passò la riforma del titolo V (con i voti del centrosinistra, ndr) che fu il primo passo verso l’autonomia». Ora i giallorossi guardano insieme al referendum contro la «spacca-Italia».